Il codice rosso crea solo criticità alle procure ma non risolve il problema della violenza sulle donne. Parola del procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia, che è stato intervistato dal quotidiano Repubblica.
“Con l’ultima modifica della legge, la politica ha creato un alibi, scaricando tutte le responsabilità sulle procure”, dice. In che termini? “La norma prevede che il magistrato, tassativamente entro tre giorni, ascolti la persona offesa. Ma se questo non succede perché magari la polizia giudiziaria non trasmette le dichiarazioni in tempi utili, tutta la procedura diventa estremamente farraginosa”.
“Invece di fare un semplice sollecito alla polizia giudiziaria, che sarebbe la via più breve, la legge prevede che il procuratore della Repubblica debba avocare il procedimento al sostituto, che a sua volta ha possibilità di opporsi, spiegando perché non abbia potuto ascoltare la vittima entro tre giorni. Solo dopo il capo dell’ufficio potrà procedere ascoltandola personalmente o assegnando il fascicolo ad altri”. Nel fare tutto questo si perdono più di tre giorni.
“Chiaramente questo rallenta molto i tempi. La norma non solo scarica ulteriori oneri sulle procure — tenere i registri, fare segnalazioni — ma individua nel pubblico ministero l’unico responsabile di quanto succeda ai soggetti fragili”. Ma le procure oggi sono in grado di trattare con celerità questi procedimenti? «Fortunatamente il mio ufficio sì, ci sono quattordici sostituti che si occupano solo di procedimenti di questo genere.
“Per fare un esempio, da quando ci è stato segnalato il caso dell’allenatrice di calcio che l’ex marito ha tentato di malmenare con un casco al momento in cui il giudice per le indagini preliminari per lui ha disposto il carcere, sono passate meno di ventiquattro ore”.
E nelle procure più piccole o meno organizzate? “Il legislatore ha previsto che i reati da codice rosso abbiano priorità. Risultato, per paura di sanzionidisciplinari non si perseguono altri reati”. Se le procure sono attrezzate perché ci sono ancora donne che vengono aggredite o uccise anche dopo aver denunciato? “Si denuncia un reato che è noto, non uno che avverrà. Di certo, forse sarebbe stato opportuno prevedere delle misure di sicurezza più efficaci per le donne e anche non particolarmente limitative della libertà del soggetto che in quel momento, è semplicemente indagato e non condannato”.