Perché Danilo Dolci va nascosto? A cento anni dalla nascita dell’intellettuale che dal cuore della Sicilia abbracciò le lotte degli ultimi, un libro di Maurizio Piscopo, dal titolo “Ci hanno nascosto Danilo Dolci” racconta in profondità l’attualità del sociologo, nato a Sesana, cittadina che una volta era provincia di Trieste, ed oggi è territorio sloveno.
“Danilo era un profeta della non violenza e più d’una volta la sua opera è stata accostata a quella di San Francesco e di Don Milani. Era un uomo di pace che a mani nude voleva cambiare la Sicilia. Dolci era un personaggio scomodo”. Nel libro, Piscopo traccia il ritratto del sociologo raccontando le ragioni che lo portarono a trasferirsi in Sicilia e non lasciarla più. “Quando arriva a Partinico si trova in un paese dove le fogne sono a cielo aperto e i bambini muoiono come mosche. Per lui era un ritorno. Era stato lì con suo padre che faceva il ferroviere”.
Dolci sceglie di trasferirsi nel 1952 nella Sicilia occidentale dove promuove lotte non violente contro la mafia, la disoccupazione, l’analfabetismo e la fame endemica. Questo impegno sociale gli varrà il soprannome di “Gandhi italiano”.
Alcune battaglie di Dolci sono ancora attuali. Come se il tempo non sia mai passato. Pensiamo al dramma di oggi, alla siccità: Dolci ne parlava già quasi settanta anni fa. “Dolci si era battuto per l’acqua come diritto di tutto e mette pressione alla politica affinché venga costruita la Diga Iato. Dolci finirà pure in galera: accusato di un contro sciopero, aveva fatto lavorare gratis accanto a lui delle persone per costruire una strada che era necessaria a Partinico. Contro il suo arresto si mobiliteranno intellettuali da tutto il mondo”.
Il libro di Piscopo, edito per i tipi di Navarra editore, oltre a raccontare il Danilo Dolci nascosto, ricostruisce, attraverso il contributo di chi l’ha conosciuto ed ha lavorato con lui, un profilo inedito di quell’intellettuale che dedicò tutta la sua vita alla Sicilia ed alla giustizia sociale.