A tenere le fila dell’organizzazione che rubava in media 100 mezzi, tra auto e furgoni al mese a Palermo è stato Massimiliano Castelluccio. L’uomo era in carcere, arrestato nell’operazione Paesan Blues, ma grazie alla moglie Anna Rita Marino, adesso finita ai domiciliari, riusciva a comunicare con i componenti della banda, dare ordini e ricevere parte dei 200 mila euro al mese che la banda raggranellava con i furti e le estorsioni.
E’ quanto sono riusciti a ricostruire gli agenti intercettando i colloqui in carcere tra marito e moglie. L’inchiesta partita nel settembre del 2015 è stata interrotta nel gennaio di quest’anno perché un agente di polizia ha avvertito i componenti dell’organizzazione che le auto e luoghi di ritrovo erano imbottite di cimici.
Una soffiata che non ha del tutto compromesso le indagini perché già gli uomini della squadra mobile avevano raccolto tanto materiale che ha portato agli arresti.
“Abbiamo sgominato un’organizzazione che ha rubato ogni mese circa 100 mezzi che poi tentava di restituire al proprietario dietro il pagamento di un’estorsione – dice Rodolfo Ruperti capo della Mobile di Palermo – Tanti derubati hanno accettato il ricatto e pagato i soldi richiesti, per avere indietro il mezzo, fino a 3 mila euro. Ad essere prese di mira per lo più furgoni di imprese. Per quanto riguarda la fuga di notizie abbiamo gli anticorpi e stiamo proseguendo nelle indagini”.
L’operazione ha sventato una guerra tra l’organizzazione ed esponenti di Cosa Nostra che pretendevano parte dei soldi dei furti. A chiamare era un certo signor Enzo che lamentava i mancati pagamenti per Natale
. L’inchiesta è iniziata dopo una violenta rapina ai danni di un’impresa di produzione di bibite a cui avevano portato via i mezzi e al quale era arrivata la richiesta di restituzione dietro compenso dei soldi.
“Da questo episodio abbiamo compreso – aggiunge Ruperti – che non si trattava di una rapina isolata ma che c’era un’organizzazione che operava nel capoluogo e che poteva contare su una fitta rete di uomini per rubare e un territorio quello nella zona di Pagliarelli che li proteggeva”.