L’assegno vitalizio erogato dall’Assemblea regionale siciliana agli ex deputati di Sala d’Ercole non può essere equiparato alla pensione e, pertanto, può essere sottoposto integralmente a pignoramento.
Lo ha deciso il Tribunale di Gela, accogliendo la tesi dell’avvocato Francesco Mario Milia, dello Studio Ferrara, legale dei giornalisti Pietro Nicastro e Giancarlo Felice che hanno intrapreso un procedimento per ottenere dall’ex presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta quanto loro assegnato dalla sentenza emanata dalla prima sezione civile del Tribunale di Palermo nel maggio del 2018.
In quella occasione i due professionisti, assistiti dagli avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria, ottennero la condanna del politico per diffamazione, vedendosi assegnare ciascuno a titolo di risarcimento quindicimila euro. Il governatore, peraltro, pochi giorni dopo il suo insediamento li aveva licenziati in tronco insieme a tutti gli altri componenti dell’Ufficio stampa della Regione. Crocetta, nonostante la condanna inflitta dal Tribunale e l’esecutività della sentenza, ha ritenuto di non dovere adempiere spontaneamente.
“Ci saremmo aspettati – dicono Nicastro e Felice – un atteggiamento diverso da chi aveva costantemente professato, almeno a parole, il sacrosanto rispetto della volontà dei giudici. Ma tant’è. Abbiamo dovuto, nostro malgrado, tentare una procedura esecutiva per vedere rispettata la sentenza del Tribunale di Palermo. La procedura, com’è facilmente immaginabile, è stata resa ancora più difficile dall’improvviso trasferimento dell’ex presidente della Regione in Tunisia”.
Crocetta ha strenuamente difeso la tesi dell’intangibilità della somma percepita mensilmente dall’Ars ma il Tribunale di Gela, dando ragione a quanto sostenuto dal legale dei due giornalisti, ha dichiarato la netta distinzione tra “vitalizio” e “pensione”, in considerazione della diversità dei percettori e delle finalità delle due indennità. Pietro Nicastro e Giancarlo Felice hanno così ottenuto l’assegnazione dell’intero vitalizio dell’ex presidente.
La vicenda che assegna un risarcimento a due componenti dell’ufficio, gli unici ad avere proceduto contro il governatore anche per diffamazione ma solo in via civile (pendente altro processo di natura penale) sulla base di documentazione raccolta da tutto l’ufficio, restituisce la dignità professionale a loro ed ai componenti dell’ufficio ma non restituisce il lavoro che è stato sottratto a tutti. Un licenziamento convalidato dai tribunali del lavoro ricorrendo ad un cavillo tecnico giuridico legato ad un errore commesso dall’amministrazione nella redazione del contratto di lavoro
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