Sono 4.952 i nuovi casi di Covid19 Siciliani registrati a fronte di 29.862 tamponi processati in Sicilia. Ieri i nuovi positivi erano 4.749. Il tasso di positività sale al 16,6% ieri era al 10,9%.
L’isola è al sesto posto per contagi. Gli attuali positivi sono 186.235 con un decremento di 1.166 casi. I guariti sono 6.724 mentre le vittime sono 16 portano il totale dei decessi a 10.120.
Sul fronte ospedaliero sono 1.038 ricoverati con 6 casi in più rispetto a ieri, in terapia intensiva sono 65, sette in più rispetto a ieri.
Questi i dati del contagio nelle singole province Palermo con 1.502 casi, Catania 813, Messina 784, Siracusa 467, Trapani 526, Ragusa 407, Caltanissetta 308, Agrigento 559, Enna 208.
Lo ripetiamo sempre. Fine dell’emergenza non significa fine del virus che continua a circolare. Per i vaccinati, il Paese aveva già riaperto il 26 aprile del 2021, con l’allentamento delle prime restrizioni. Ora il ritorno alla normalità vale per tutti, anche per chi ha rifiutato di ricevere le dosi”. Lo spiega il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, in cui parla della fine dello stato di emergenza dovuto al Covid. Secondo Costa “non è giusto mettere sullo stesso piano chi si è comportato in modo solidale e chi no. Ma se il ritorno alla normalità non valesse per tutti, non potremmo ritenerlo tale – prosegue – sapevamo di dover tener conto della resistenza di uno zoccolo duro anti vaccinista, per fortuna una minoranza. Devono essere consapevoli che se questo risultato è stato raggiunto è merito della stragrande maggioranza della popolazione e che continuano a rischiare sulla loro pelle”. Quelle degli insegnanti non vaccinati che pretendono ora di tornare al loro posto secondo il sottosegretario sono “posizioni assurde. Se si fossero vaccinati avrebbero potuto continuare a rimanere al fianco dei bambini. Hanno scelto diversamente e non ho nessuna comprensione nei loro confronti. Sono anzi molto rigido – spiega – per insegnanti e operatori sanitari che non si vaccinano non vedo attenuanti. Cambino mestiere. Per fortuna, ripeto, parliamo di piccole percentuali”. Parlare di quarta dose del vaccino, osserva Costa, “è un errore di comunicazione. Quarta dose, quinta dose… alla fine perderemo credibilità e la gente penserà che le dosi non servano a nulla – conclude – meglio insistere sul concetto di richiamo annuale, come per l’influenza, da programmare in autunno”.
Sono più frequenti nei giovani, soprattutto nella fascia d’età compresa fra 19 e 49 anni, i casi di reinfezione dovuti alla variante Omicron del virus SarsCoV2. Lo indica l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) nel suo rapporto esteso su Covid-19, relativo a sorveglianza, impatto delle infezioni ed efficacia vaccinale. “L’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron) – si legge nel Rapporto – evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione”, con “valori significativamente maggiori di 1”. Il rischio è più alto, in particolare, nelle fasce di età più giovani, che vanno dai 12 ai 49 anni, rispetto alle persone che hanno una prima diagnosi fra i 50-59 anni. “Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani – rileva l’Iss nel documento – è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età superiori a 60 anni”. Il rischio di reinfezione con Omicron è inoltre più alto in chi ha avuto una prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni, rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di COVID-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti; le persone non vaccinate o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni. Il rischio è più alto anche “nelle femmine rispetto ai maschi” e questo, secondo il Rapporto, “può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico (oltre l’80%). dove viene effettuata una intensa attività di screening” e al fatto che “le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito familiare”. Le reinfezioni sono inoltre più frequenti negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione. In generale, si legge ancora nel Rapporto, “la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari a 3,5%, stabile rispetto alla settimana precedente”.