“La relazione semestrale della DIA mette in evidenza che, oltre ai politici, è attraverso i funzionari pubblici che le cosche riescono a mettere le mani sulle risorse della pubblica amministrazione. Se la normativa antimafia continua a prevedere solo il commissariamento della parte politica senza intaccare l’apparato burocratico colluso, il risultato sarà sempre parziale e non idoneo ad evitare la reiterazione delle infiltrazioni criminali”, così Giangiacomo Palazzolo, Sindaco di Cinisi e responsabile nazionale di Azione sul tema della Legalità.
“Ad oggi, in Italia, sono 51 gli Enti Locali sciolti per infiltrazioni mafiose, dalla Sicilia alla Valle D’Aosta. Il dato più alto registrato dal 1991.
L’analisi della DIA induca il Parlamento ad una seria riflessione sull’attività da porre in essere per prevenire ed eliminare le infiltrazioni mafiose all’interno degli enti locali. Poiché, se da un lato evidenzia la pregevole attività degli organi investigativi, dall’altro pone l’accento sulle gravi lacune di una normativa antimafia obsoleta incapace di prevenire o eliminare le contaminazioni criminali all’interno della P.A.
“La legge sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose – continua il Sindaco della città natale di Peppino Impastato –va urgentemente integrata con norme che prevedano l’allontanamento anche dei funzionari pubblici indiziati di collusioni, solo così si potranno tagliare tutti i tentacoli delle cosche mafiose”.
Lo shock provocato dal virus – dicono gli analisti della Direzione investigativa antimafia nella Relazione che è riferita al secondo semestre del 2019 ma che ha un focus dedicato proprio alle conseguenze dell’emergenza sul fronte delle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale – ha avuto un impatto diretto su un sistema economico già in difficoltà e ha ridotto ulteriormente le disponibilità di liquidità finanziaria.
Una situazione che potrebbe “finire per compromettere l’azione di contenimento sociale che lo Stato, attraverso i propri presidi di assistenza, prevenzione e repressione ha finora, anche se a fatica, garantito”, generando problemi di ordine pubblico. E’ in questo contesto che si inseriscono le mafie.
Da un lato le organizzazioni si fanno infatti carico di fornire un “welfare alternativo” a quello dello Stato, un “valido e utile mezzo di sostentamento e punto di riferimento sociale”; dall’altro lavorano per “esacerbare gli animi” in quelle fasce di popolazione che cominciano “a percepire lo stato di povertà a cui stanno andando incontro”. Secondo gli investigatori si prospettano dunque due scenari: uno di breve periodo, in cui le organizzazioni punteranno “a consolidare il proprio consenso sociale attraverso forme di assistenzialismo, anche con l’elargizione di prestiti di denaro, da capitalizzare” alle prime elezioni possibili, e uno di medio-lungo periodo, in cui le mafie, e la ‘Ndrangheta in particolare, “vorranno ancora più stressare il loro ruolo di player affidabili ed efficaci anche su scala globale”.
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