Continuano, purtroppo, i contagi da Covid19 in Sicilia. Contagi che non sono rimasti fuori dagli ospedali dell’Isola, con diversi casi di positività accertati tra medici ed operatori sanitari.
Mentre la Sicilia cerca professionisti sanitari per lo screening sulla popolazione, si rischia un nuovolockdown e si chiudono viee piazze, negli ospedali si combatte in prima linea contro il coronavirus.
In merito a prevenzione e sicurezza ospedaliera, interviene Stefania Munafò, commissario di Diventerà Bellissima a Palermo che condivide una propria riflessione a tal proposito.
“Penso che ci si affanna – dice Munafò – a preparare decreti ed ordinanze al fine di limitare e prevenire i contagi ovunque tranne che negli ospedali. Invito ad una riflessione; un paziente che si reca al pronto soccorso per qualsiasi patologia covid19 o no, non viene trasferito in reparto se prima non viene effettuato il tampone e non si ha l’esito. GIUSTO! Ma…agli operatori sanitari, dal medico all’infermiere all’Oss a quelli delle pulizie il tampone chi lo fa?”
Prosegue Munafò: “Sono persone che come tutti hanno e svolgono una vita sociale per cui potenzialmente a rischio come il resto della popolazione.. per cui mi domando perché ad un paziente viene fatto il tampone e agli operatori sanitari che sono in prima linea e che si prenderanno poi cura dello stesso no? Perché un paziente non può ricevere visite durante la degenza per precauzioni covid ma gli operatori che non sono sottoposti a controlli periodici per il covid possono liberamente prendersene cura senza che nessuno si ponga il problema?”.
Per il commissario cittadino di Diventerà Bellissima “il sistema non funziona. Il principale luogo di contagio è proprio la struttura ospedaliera! Per cui forse chi è deputato alla sicurezza e salvaguardia della salute del cittadino tra un dpcm e un’ordinanza dovrebbe imporre il tampone a tutti gli operatori sanitari almeno una volta a settimana. Del resto a prova di quanto dico diverse strutture hanno riscontrato positività negli operatori dovendo poi chiudere per sanificare, riscontrando poi positività anche negli stessi pazienti”.
La prevenzione del contagio inizia negli ospedali, e Stefania Munafò vuole ribadirlo, sottolineando però quella che ritiene “un’altra assurdità”, ovvero l’articolo 7 sulla sorveglianza sanitaria del decreto 9 marzo 2020 n.14.
Spiega ancora Munafò: “Se in un reparto c’è un caso sospetto covid19, operatori e pazienti vengono sottoposti a tampone, però secondo il decreto, gli operatori sanitari non vanno in quarantena o comunque non vengono esentati dal servizio se prima non arriva l’esito del tampone (tempi non più veloci rispetto agli utenti) pertanto continuano a lavorare con i DPI, mascherina ffp2 nel caso specifico, guanti (quando ci sono), etc…”.
Munafò ritiene una tale prassi “fuori da ogni logica” e spiega il perché.
“Tutto questo – dice – perché il personale sanitario è numericamente basso per cui devono continuare a dare assistenza (sperando che non siano positivi e pregiudicando la salute di chi è a contatto con loro), però nel caso specifico la famiglia dell’operatore a rischio in attesa dell esito del tampone va in quarantena (il congiunto non può andare a lavoro, i bambini non possono andare a scuola). E’ assurdo! Pertanto probabilmente invece di pensare a feste e riunioni di famiglia forse si dovrebbe pensare ad assumere figure professionali per fare fronte anche a queste possibilità che sono all’ordine del giorno”.
E infine: “Sì, le aziende ospedaliere fanno i bandi. Ma quale operatore per i rischi che corre accetta un incarico di tre mesi o a partita Iva? Forse prima di ogni cosa si dovrebbero affrontare i problemi che ci sono dentro gli ospedali, senza colpevolizzare soltanto la vita sociale della gente”.