Nella regione del delta del Niger, diversi gruppi attivisti continuano ad attaccare gli interessi delle multinazionali facendo saltare in aria le loro infrastrutture, appropriandosi dei loro carburanti e talvolta rapendo i loro dipendenti.
Inoltre questi gruppi sono noti anche per aver attaccato più volte i servizi di sicurezza nigeriani. Le origini di questi gruppi di attivisti nello stato del Delta possono essere in parte spiegate come evoluzione dei gruppi cultisti esistenti in Nigeria, generalmente conosciuti come confraternite.
Se le confraternite iniziarono le proprie attività all’interno delle università, queste bande si sono poi diffuse tra le strade e le baie della regione del Delta. Oggi in Sicilia imitano la mafia
Negli anni ’50 nacque la prima confraternita, quella dei Pyrates, tuttavia durante gli anni ’70 molti membri della confraternita furono accusati di non seguire le regole del culto e ne furono quindi espulsi. Ne scaturì dunque una scissione che portò alla creazione dei Sea Dogs (i Pyrates originali) ed i Bucanieri. Da questi ultimi si separò dopo qualche anno il Movimento Neo-Black dell’Africa, chiamato anche confraternita dei Black Axe, che si impadronì dell’Università di Benin ad Edo State. Dopo la sua creazione, un’altra confraternita, la Eiye Confraternity, si staccò dai Black Axe.
In questo stesso periodo, i gruppi cultisti oramai frantumati introdussero una nuova dimensione all’interno della tradizione delle confraternite: prima di portare a termine qualsiasi attività, avrebbero dovuto praticare rituali voodoo.
Durante i primi anni ’90, la Nigeria visse un’esplosione delle attività delle confraternite nelle scuole, nei college, nelle strade e nelle baie in tutta la regione del Delta. Il suo estremo vandalismo, la violenza e la sanguinosa lotta per la supremazia tra confraternite rivali raggiunse il suo picco in quegli anni. Si creò proprio durante gli anni ’90 la Family Confraternity, conosciuta anche come la mafia del campus.
Ad oggi essa mantiene la propria presenza in numerose scuole dello stato, imitando lo stesso modus operandi della mafia italiana. Poco dopo la sua drammatica apparizione, diversi studenti furono espulsi dalla Abia State Univeristy per aver falsificato alcuni esami e per cultismo. Ciò portò uno spostamento delle attività delle confraternite dalle attività all’interno delle strutture universitarie alle strade e dintorni dello stato del Delta. Nello stesso periodo le confraternite basate sui campus estesero la loro influenza creando delle proprie associate tra le strade e le baie. Per esempio la confraternita KK stabilì un corpo di strada chiamato Deebam allo scopo di combattere per la supremazia del territorio attraverso atti di violenza organizzata, brigantaggio e criminalità.
Quasi tutte le confraternite violente derivano dall’ispirazione data dalle confraternite universitarie, seguendone i riti di iniziazione, gli slogan, il simbolismo ed il carattere di banda. L’incremento delle attività di cultismo tra gli anni ’80 e ’90 intensificò le tensioni all’interno dei campus e porto alla feroce battaglia per la supremazia tra i vari gruppi. Coloro che erano normalmente pacifici furono coinvolti in atti di violenza per riuscire a sopravvivere. I nuovi membri furono attirati nei culti con mezzi pretestuosi e promesse vane. Le reclute erano persuase dalla prospettiva di avere accesso a denaro e da possibilità di lavoro. Le confraternite sostenevano di poter garantire ai nuovi membri il potere di difendere se stessi e le persone care, di poter migliorare la propria reputazione e facilitare il contatto con persone influenti ed anche di poter trovare facilmente la compagnia di molte donne. Queste promesse spesso non venivano realizzare, ma tirarsi fuori da una confraternita dopo essere stati iniziati era estremamente difficile (quando ciò avveniva, i disertori venivano spesso uccisi cosicché non potessero rivelare i segreti del culto).
Oggigiorno quando una nuova recluta entra a far parte di un culto, gli viene inculcato il rispetto per la fortificazione spirituale e gli vengono insegnate le comuni tattiche di combattimento fisico, quale quello corpo a corpo, e l’uso di armi da fuoco. I gruppi cultisti violenti acquistano le proprie armi da diverse fonti, tra cui protettori benestanti e politici, oppure capi che li assumono per scopi specifici. Altre risorse per ottenere delle riserve di armi includono l’aiuto amministrazioni amiche a livello statale e locale, oppure attraverso la cattura delle armi dei gruppi rivali o attaccando le forze di sicurezza, e persino in cambio di carburante rubato.
Ad oggi, la maggior parte dei culti nell’area del delta sono coinvolti nel crimine organizzato, dalle rapine a mano armata alla presa di ostaggi. Alcuni di questi gruppi si sono uniti in un unico gruppo di attivisti, noto come MEND, Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger, ed hanno compiuto diversi attacchi sotto questo nome. Nello Stato del Delta ogni giorno, ogni ora ed in ogni momento, i culti storpiano e si uccidono gli uni con gli altri in aperte combattimenti. Nell’ottobre del 2015 un ragazzo del liceo fu ucciso a sangue freddo e la situazione gettò l’intera comunità in delirio per potersi salvare. Fortunatamente, in quel caso, il rapido intervento della polizia aiutò a salvare il resto della famiglia del ragazzo da una morte certa.
Un portavoce della polizia dello Stato del Delta, sempre nel 2015, avvalorò la tesi che il cultismo si stava diffondendo velocemente nello stato. Riferiva infatti che: “Ovunque ci fosse la presenza di un’importante istituzione dello stato, il cultismo prevale. Ad Asaba c’è il College dell’Educazione ed anche ad Agbor. Ad Ogwashi-Uku, il politecnico dello stato attrae sia gli indigeni che i non indigeni. Ad Oleh c’è il campus della Delta State University.” Il portavoce della polizia aveva ammesso che le attività dei culti erano incrementate e perciò il comandante aveva dichiarato guerra al cultismo nello stato. Ad Agbor, per esempio, la maggior parte delle famiglie ha al proprio interno almeno tre persone che appartengono ad un culto o ad un altro.
La ragione di questa triste crescita risiede essenzialmente in una richiesta di “protezione”. Le comunità degli abitanti delle città vivono infatti in un clima di paura costante dato che ogni giorno almeno una persona viene massacrata con coltelli o crivellata da colpi d’arma da fuoco.