I giudici d’appello della Corte dei Conti presieduta Giovanni Coppola (consiglieri Vincenzo Lo Presti, Tommaso Brancato, Valter Del Rosario, Guido Petrigni relatore) hanno condannato Giorgio Di Rosa presidente dell’Aias a risarcire l’Asp 6 di Palermo di 275 mila euro per aver distratto somme dell’associazione che si occupa di assistenza disabili in favore dei familiari. In primo grado il presidente era stato condannato a pagare 578 mila euro.
La procura della Corte dei Conti aveva contestato 333 mila euro per rimborsi chilometrici non dovuti. Il presidente si spostava da Modica a Palermo. Spese per alberghi e ristoranti per euro 30 mila euro presso il San Paolo Palace Hotel di Palermo, pagando soggiorni per lui, il figlio, la moglie ed i cognati con assegni a sua firma tratti sul conto corrente dell’Aias. Spese per parcelle di avvocati per 3 mila euro. Spese per incarico professionale esterno affidato al figlio Antonio Di Rosa, per 60.000 mila euro oltre le spese per rimborso viaggi per un totale di 152 mila euro.
Infine la Procura ha contestato al di Rosa quanto pagato dall’Aias a titolo di compensi per l’attività svolta a favore dell’associazione del figlio a cui il Consiglio Direttivo dell’Aias aveva conferito l’incarico di consulente informatico per un importo mensile di mille euro oltre rimborso spese per vitto, alloggio e rimborso chilometrico di euro 0.50 Km. L’incarico però sarebbe stato dato senza le necessarie competenze.
“Dalle dichiarazioni di tali Bruno Gestivo e Agostino Andolina, incaricati di realizzare un software per l’Aias – si legge nella sentenza – sentiti sui fatti di causa nel corso delle indagini portate avanti in sede penale, avrebbero riferito che Antonio Di Rosa fosse privo di competenze informatiche, si recasse a lavoro per poche ore al giorno e che, di fatto, non avesse alcun ruolo all’interno dell’Aias. È emerso, peraltro, che Antonio Di Rosa era in quel periodo dipendente della società Katane Handling srl con sede in Catania, presso l’aeroporto Fontanarossa”.
Parte delle somme richieste dalla procura in primo grado sono andate prescritte e così la somma da restituire all’Asp si è pressocchè dimezzata. “Dalle indagini è emerso che Giorgio Di Rosa di fatto, il monopolio della gestione dell’associazione; come hanno riferito i consiglieri sentiti dalla Guardia di Finanza, agli stessi spettava unicamente il potere di ratifica degli atti – si legge nella sentenza – definiti urgenti dal Di Rosa medesimo, senza che fosse riservato agli stessi alcun altro potere decisionale”.
Commenta con Facebook