I giudici d’appello della Corte dei Conti presieduta da Giovanni Coppola hanno condannato l’ex sindaco di Pachino (Sr) Paolo Bonaiuto a risarcire il comune con 249 mila euro per alcuni incarichi illegittimi conferiti durante il mandato.
Le indagini erano iniziate dopo le segnalazioni da rappresentanti sindacali, consiglieri comunali e anonimi privati. Sotto la lente del procuratore della Corte dei conti sono finite le retribuzioni aumentate a dipendenti o incarichi a consulenti che affiancavano impiegati comunali creando di fatto dei doppioni inutili.
Come il caso del responsabile del servizio di prevenzione e protezione sui luoghi di lavoro. In primo grado il primo cittadino era stato condannato a pagare 326 mila euro, somma ridotta in appello.
Secondo quanto contestato dalla procura contabile il sindaco, durante il mandato, ha nominato consulenti per incarichi che non erano diretti a soddisfare esigenze straordinarie, né richiedevano competenze specialistiche. Le nomine non erano state precedute dalla ricognizione delle risorse umane interne.
Nel caso dell’attività di sistemazione, catalogazione e inventariazione dell’archivio cartaceo, l’incarico era stato poi reiterato alcune volte.
“La legge prevede che il conferimento di incarichi con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, possa avvenire solo per esigenze cui non è possibile far fronte con personale in servizio “ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria” per una prestazione “temporanea ed altamente qualificata”, previo l’esperimento di procedure comparative, con la precisazione che “il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti” – si legge nella sentenza – Non vi è dubbio che nessuno dei parametri sopra esposti è stato rispettato e che gli incarichi in questione sono stati conferiti per lo svolgimento dell’ordinaria attività amministrativa cui avrebbe dovuto far fronte l’ente con il proprio apparato burocratico”.
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