Non sono più sette ma sei i candidati in corsa per la presidenza della Regione siciliana: fuori Fabio Maggiore. Con sentenza emessa stamani, il Tar di Palermo ha giudicato inammissibile il ricorso del partito Italia Sovrana e popolare, le cui liste erano state escluse per vizi di forma dall’ufficio centrale regionale per l’elezione del presidente della Regione siciliana presso la Corte d’appello e l’ufficio territoriale del governo. Per tentare di rientrare il partito può tentare la carta della Consiglio di giustizia amministrativa.
Respinto il ricorso elettorale della lista Italia Sovrana e Popolare
I giudici della prima sezione del Tar di Palermo presieduta da Salvatore Veneziano hanno respinto il ricorso elettorale presentato dalla lista Italia Sovrana e Popolare. Resta a sei la corsa per l’elezione del prossimo presidente della Regione. Il ricorso era stato presentato da Michele Melchiorre, Giovanni Denaro, Marco Baiamonte e Fabio Buriani, nella qualità, rispettivamente, di coordinatore regionale per la Sicilia del partito Italia Sovrana e Popolare.
L’ufficio centrale aveva ricusato la lista regionale, in quanto la sottoscrizione del mandato alla presentazione della lista è autenticata da soggetto non legittimato. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché è stato notificato solo alla Corte d’Appello e non alla prefettura, ma anche infondato.
La sentenza
“La presentazione della lista regionale – si legge nella sentenza – ed il deposito dei relativi documenti devono essere effettuati da persona munita di mandato, conferito da chi ricopre, in ambito regionale, la carica di presidente o segretario o coordinatore del partito ovvero della formazione politica che presenta la predetta lista regionale. La firma di chi conferisce il mandato deve essere autenticata”.
I giudici hanno confermato irregolarità nell’autentica
I giudici hanno confermato l’irregolarità nell’autentica del mandato alla presentazione della lista “in quanto la relativa sottoscrizione era autenticata da un avvocato l’Ufficio centrale regionale ha altresì appurato – per averlo acquisito – che l’atto menzionato dagli odierni istanti nel ricorso amministrativo, quale mandato con sottoscrizione autenticata da un notaio, non corrispondeva a quanto richiesto. Pertanto, tenuto conto di quanto relazionato dalla parte pubblica e di tutta la documentazione agli atti – e in assenza di alcun altro elemento a comprova dell’avvenuto deposito di un secondo mandato (alla presentazione della lista regionale) con firma autenticata dal notaio, del quale manca agli atti anche una semplice fotocopia – il primo profilo di doglianza non può trovare accoglimento”.
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