L’architetto Mario Li Castri torna il libertà dopo che sono scaduti i termini di custodia cautelare. Si tratta del professionista coinvolto nell’inchiesta che ruota attorno a presunte speculazioni edilizie ad opera di una cricca di persone che, secondo la Procura di Palermo, sarebbero state dacite alla corruzione. L’inchiesta è Giano Bifronte.
Ieri, come di legge sul Giornale di Sicilia, il tribunale, che dovrà giudicare Li Castri con altri otto imputati, più la società Biocasa, ha accolto le tesi della stessa Procura sulla scadenza dei termini di custodia cautelare, per una questione collegata al Covid-19. Per Li Castri è scattato l’allontanamento da Palermo e il divieto di dimora. Erano già liberi anche Giovanni Lupo e l’ex consigliere comunale Giovanni Lo Cascio, del Pd, difesi dagli avvocati Giovanni Di Benedetto, Renato Canonico e Giuseppe Gerbino. Per loro scatta il divieto di dimora.
Sono state accolte così, per quel che riguarda Li Castri, le tesi dell’avvocato Marcello Montalbano. A chiedere la “declaratoria di inefficacia degli arresti domiciliari” erano stati gli stessi pm Giovanni Antoci e Andrea Fusco, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis. Un altro degli indagati l’architetto Giuseppe Monteleone, anche lui ex dirigente del Comune, era uscito ai primi di luglio. Li Castri era l’ultimo a essere rimasto con una misura restrittiva custodiale.
Il processo, quindi, si celebrerà con tutti gli imputati in libertà. Una decisione presa dal Tribunale che ha accolto le tesi della Procura riguardo alla permanenza delle “esigenze cautelari che hanno determinato l’applicazione della misura, in assenza di specifici e significativi elementi di segno contrario”. Ci sarebbe però “un pericolo di redicdiva”, per questo il giudice ha applicato il divieto di dimora.
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