Dalla metà del 2021 in tutte le regioni del Paese si è registrato un forte aumento dei prezzi al consumo a causa principalmente del rincaro dei beni energetici e dei prodotti alimentari, oltre che delle “strozzature” relative all’offerta a livello mondiale.
Nonostante i numerosi interventi del governo finalizzati a mettere un freno a questa disastrosa situazione, nel 2022 l’inflazione è ulteriormente cresciuta risentendo anche degli effetti negative del conflitto Russia – Ucraina.
E’ quanto emerge dal report dal rapporto annuale pubblicato dalla Banca d’Italia che fotografa la situazione economica della nostra Isola in relazione al panorama nazionale.
A fine 2022 in Sicilia l’inflazione sui dodici mesi si è attestata al 14,2 %, vicina al picco massimo raggiunto a ottobre che ha sfiorato il 15%. Il generalizzato aumento di spesa, che ha interessato tutte le principali voci, è stato sostenuto soprattutto dai prodotti alimentari e dalle spese per l’energia.
Un contributo significativo agli aumenti è derivato anche dalla spesa relativa ai trasporti, che comprende i carburanti per autotrazione, e da quella per servizi ricettivi e di ristorazione.
Nei primi mesi del 2023 l’inflazione si è ridotta, pur rimanendo su livelli elevati, risultando in crescita dell’8,3 % cento sui dodici mesi; il calo rispetto ai valori di fine 2022 è riconducibile soprattutto ai prezzi dei beni energetici.
Nel corso del 2022 e nei primi mesi di quest’anno l’inflazione in Sicilia è risultata sensibilmente superiore alla media nazionale (+ 2,6 % a dicembre del 2022). Il differenziale relativo al peso dell’inflazione può essere suddiviso in un “effetto composizione”, che riflette le differenze tra il paniere di beni e servizi consumato dalle famiglie siciliane e quello dei nuclei dell’intero Paese, e in un “effetto intensità”, che misura le differenze nelle variazioni dei prezzi. In Sicilia, al divario hanno contribuito sia l’effetto composizione sia l’effetto intensità; nel complesso hanno rilevato soprattutto le spese per l’abitazione e le utenze e quelle per i prodotti alimentari.
Ne emerge un quadro di una Regione in forte sofferenza, con un pericolo rialzo dell’inflazione e con un prezzo altissimo pagato al conflitto tra Russia e Ucraina. L’aumento generalizzato del livello dei prezzi di beni e servizi che si prolunga per un importante periodo di tempo, provoca effetti negativi dovunque ma, per quanto ovvio, colpisce maggiormente le regioni meno sviluppate come la Sicilia.
Secondo i dati diffuse da Codacons a maggio del 2023 su rielaborazione di quelli diffusi dall’Istat, in ben tre province siciliane figurano tra le città con il tasso più alto d’Italia (Palermo, seconda città d’Italia con l’inflazione più alta + 9,3%, seguita da Messina + 9,1% e Catania + 9% – contro una media nazionale del 8,2%).
Purtroppo è fin troppo evidente che l’inflazione colpisce maggiormente i nuclei familiari, certamente più diffusi al Sud ed in Sicilia, che hanno un reddito più basso. Le persone più povere consumano beni e servizi del paniere molto diversi da chi ha un livello di benessere più elevato e ad esempio, concentrano in misura maggiore le loro spese su prodotti energetici e alimentari, dei quali difficilmente si riesce a fare a meno.
I poveri, inoltre, hanno una propensione al consumo più alta di quella delle persone ricche e quindi, in altre parole, risparmiano meno dei ricchi. Secondo l’Istat infatti in questa fase economica il quinto di famiglie più povere subisce un’inflazione più alta rispetto alle restanti famiglie.
E difficilmente questa situazione si risolverà con poco efficaci provvedimenti tampone.