“La carità in estate non va in vacanza, ma neanche il coronavirus la può fermare”.
Questa è la frase con cui ci accoglie Santo Giordano, responsabile del Banco alimentare della Sicilia occidentale. Ci ha dato appuntamento telefonico, visto le difficoltà, per raccontarci come si vivono queste settimane così difficili in prima linea con il bisogno alimentare dei poveri che non è diminuito, ma che certamente ha cambiato forma e quantità.
Gli chiediamo innanzitutto di raccontarci come si vivono questi giorni nel magazzino di Cinisi ove sono raccolte le derrate alimentari che regolarmente giungono e regolarmente vengono distribuite alle strutture convenzionate.
“Tutti gli operatori del Banco – ci spiega – sono forniti di mascherine, ma continuano a distribuire cibo come ogni giorno. Nella sostanza per noi non è cambiato granché. I problemi più rilevanti li hanno le strutture caritative che sono a contatto diretto con gli assistiti. Noi abbiamo solamente posto in essere qualche ovvia misura di attenzione innanzitutto tra noi e con quanti che vengono a ritirare le merci. Negli uffici le persone si sono distribuite in tre stanze diverse, hanno rinunziato al pranzo da consumare insieme, utilizzando maggiore cautela nella pulizia dei locali che vengono continuamente disinfettati. Abbiamo anche predisposto una turnazione rigida per l’accesso al magazzino, in modo da garantire le distanze tra operatori e quanti vengono a ritirare il cibo”.
Ogni tanto ci chiede di interrompere perché continua a ricevere telefonate di richieste di aiuto che giungono dalle strutture caritative. “Certamente il numero di richieste di aiuto sono aumentate – chiarisce – perché soprattutto i poveri hanno più difficoltà ad approvvigionarsi di cibo con la chiusura dei mercati rionali”.
Chiediamo il perché e così risponde: “Alcuni giorni fa l’Assessore comunale alla Cittadinanza solidale del Comune di Palermo Giuseppe Mattina ci ha chiesto un intervento straordinario proprio per alcune famiglie di un quartiere del centro storico che con la chiusura dei marcati all’aperto non hanno la disponibilità a rifornirsi nei grandi supermercati. Tramite una associazione con noi convenzionata abbiamo provveduto in poco tempo a far giungere degli alimenti di prima necessità. Questo esempio è il più eclatante, ma tanti altri ne sorgono, soprattutto nei comuni più piccoli. Ma esistono anche esempi per così dire al contrario”.
Alla richiesta di maggiori delucidazioni risponde: “Oggi domenica andremo nella sede di una catena della ristorazione, la “Old Wild West”, che è presente al Forum e alla Conca d’oro, che a causa della improvvisa chiusura ci consegnerà derrate fresche che rischiano di andare a male. Anche questo è un esempio, in positivo, di come in questo contesto ci si possa aiutare”.
Il discorso si allarga allora al rapporto con le istituzioni, soprattutto quelle nazionali.
Giordano prontamente precisa: “La nostra attività di assistenza non è tra quelle vietate dai Decreti del Consiglio dei ministri, anche se abbiamo chiesto che venga esplicitata la deroga per i mezzi delle associazioni di volontariato che si spostano per rifornirsi; quindi continuiamo ad operare in tutta Italia, anche se il venir meno di molti volontari richiede ogni giorno più impegno e più fatica. Comunque, come ha detto il nostro Presidente fin dal primo giorno, il Banco alimentare non chiude. Operiamo a più stretto contatto, condividendo tante delle decisioni che vanno quotidianamente prese e sostenendoci ove possibile anche con iniziative comuni e condivise. Rimane il fatto che l’Italia è grande e soprattutto lunga e le distanze incidono pesantemente quando c’è da spostare beni alimentari”.
Però una mano d’aiuto vi è venuta dalla Chiese Italiana. “Si, è vero – aggiunge -. La notizia è di pochi giorni fa ed è molto importante. La CEI ha destinato 500.000 euro specificamente al Banco per garantire la continuazione delle attività in tutta Italia. Abbiamo molto apprezzato questo gesto di attenzione che non è appena rivolto a noi ma ai tanti poveri che noi serviamo. Questo è il momento non solo di vincere la paura e l’indifferenza, ma anche di far fondo alla fantasia”.
Perché proprio la fantasia, replichiamo?
“Vede – continua – nei momenti difficili la fantasia aiuta molto. Proprio quella fantasia che certo non manca agli italiani e che innestata nella esperienza della fede consente di superare ogni tipo di difficoltà, anche quelle derivanti dalla impossibilità di uscire da casa. In questa situazione e rispettando le restrizioni previste si può fare molto”.
Il discorso si fa interessante e produce una certa curiosità e quindi lo invitiamo ad essere più esplicito. Risponde subito: “Come accennavo all’inizio il fronte più esposto è quello dei volontari che devono far pervenire il cibo ai poveri. Quando vengono qui ci raccontano le loro storie. Ciascuno sta trovando le forme più diverse, senza incorrere nei divieti. Ci sono enti che hanno stabilito turni di distribuzioni distanziati di 15 minuti gli uni dagli altri: previo appuntamento un componente per famiglia ritira il sacchetto e va via senza incontrare direttamente nessuno. Altri hanno approntato un particolare servizio a domicilio lasciando uno a più sacchetti nelle portinerie dei destinatari. Altri vengono a prendere i sacchetti per più famiglie e poi se li distribuiscono durante la giornata. Come vede la fantasia aiuta anche nei momenti di difficoltà”.
Prima di salutare e ringraziare non può mancare una domanda sul futuro. “Nessuno è in grado di prevedere nulla per le prossime settimane. Questo per noi non è motivo di preoccupazione, ma di certezza. Come si dice spesso: viviamo alla giornata. Questo vuol dire essere attenti e obbedienti a quello che la realtà ci pone: dalle misure del Governo, che noi dobbiamo limitarci a rispettare, magari evitando di pretendere di saperne di più di loro, alle telefonate di aiuto, che giungono di continuo e alle quali dobbiamo saper rispondere, magari con più sollecitudine di prima vista la gravità della situazione”.
Prima di salutarci ci chiede di leggere il brano di una lettera: “Questa lettera – ci dice – l’ha inviata a tutti noi don Juliàn Carron, il responsabile di Comunione e Liberazione. Verso la fine scrive questa frase: Vi raccomando la carità fraterna, con una attenzione ai bisogni che emergono fra di noi, rimanendo in contatto come si può, sfruttando al meglio tutti gli strumenti che oggi la tecnologia ci offre”. Questa frase è una ulteriore conferma di quanto detto all’inizio: neanche il coronavirus può fermare la carità”!