Un documento lacunoso e che necessita di sostanziali modifiche con l’inserimento di misure per dare liquidità diretta, in particolare alle imprese del Sud e non con prestiti ma principalmente mediante contribuzioni a fondo perduto quale condizione necessaria, anche se non sufficiente, per recuperare la prospettiva di una crescita possibile e soprattutto non socialmente distruttiva.
La Sicilia contesta il Def nazionale. Lo fa con la relazione tenuta dal Vice Presidente della Regione siciliana Gaetano Armao in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato in seduta unificata.
Armao ha fatto propria la richiesta formulata anche dalle altre regioni a statuto speciale: veder ridotto o, come prospettato, azzerato per il 2020 ed il 2021, il contributo al risanamento della finanza pubblica che per la sola Regione Siciliana ammonta a 1,1 miliardi di euro per far fronte alle drastiche previsioni di minor entrata. La questione è centrale anche nella finanziaria d’emergenza della Regione siciliana. “Questione – ha detto l’assessore all’economia – che diviene ineludibile, adesso, per il Governo nazionale. Ma della segnalata riduzione non è dato riscontrare segno alcuno nel testo del DEF, nonostante le formalizzazioni e le riunioni tenute, e pertanto il Documento, anche sotto tale profilo, va integrato”.
L’assessore all’Economia ha anche lanciato l’allarme del crollo del Pil nel corso dei prossimi mesi. Una contrazione del PIL reale nel 2020 dell’8%, con un rimbalzo positivo nel 2021, effetto dell’incremento del 4,7%del PIL. Gli effetti repressivi saranno più pesanti sul Mezzogiorno e sul suo già provato tessuto economico.
Il documento manca, secondo l’assessore siciliano, di strategie di riequilibrio, della mancanza di una visione
che comprenda l’obiettivo della lotta ai divari territoriali come programma fondamentale per il Paese. “Se lo shock economico legato al Coronavirus è simmetrico (contagio diffuso, fermata generalizzata della produzione e degli
scambi, natura non finanziaria della crisi) le condizioni economiche dei territori non lo sono affatto, di conseguenza, gli impatti dello shock saranno asimmetrici”, ha continuato Armao che lamenta l’omissione da parte del Governo nazionale di una specifica strategia per affrontare la crisi tenendo in debito conto la gravità è la peculiarità della crisi economica del Mezzogiorno. Per questo la giunta regionale ha chiesto l’integrazione del documento ritenuto lacunoso.
Armao ha ricordato che le famiglie in condizioni di povertà sono più che raddoppiate, sfiorando le 850 mila e crescendo da una quota del 4,6% al 10,3%. Da uno studio dell’Assessorato all’economia-Regione Siciliana, il blocco delle attività produttive all’interno della Regione ha interessato il 43% delle unità locali e genera, per ogni mese di blocco, una riduzione di fatturato pari a oltre 2,8 miliardi di euro. Nel Sud la quota di valore aggiunto interessata dal lock-down è del 33,5% (36,7% nel Centro-Nord), le categorie di rischio mutano nel medio periodo in ragione delle pregnanti debolezze del tessuto economico meridionale, la struttura più fragile e parcellizzata, data dalla quota più ampia di lavoratori autonomi (26,5% del totale degli occupati) e della prevalenza del settore dei servizi determina un impatto più grave del lock-down.
“La più consistente precarietà del mercato del lavoro meridionale rende maggiormente difficile assicurare tutela a
tutti i lavoratori, precari, temporanei, intermittenti o del “sommerso”, rimangono, infatti, privi di tutela circa 1,8 milioni di lavoratori privati – ha relazionato l’assessore -. Infine, è possibile stimare circa 800 mila disoccupati in cerca di prima occupazione che per effetto della crisi presumibilmente non potranno accedere al mercato del lavoro nei prossimi mesi, concentrati prevalentemente nel Sud”.
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