Per essere felici ci vogliono un mare di ingredienti tra cui: non prendere tutto troppo sul serio, sperimentare ogni giorno quella sensazione di meravigliosa leggerezza che si prova nel dire a qualcuno “ti voglio bene”, si è più felici nella terza età e forse con un partner non necessariamente troppo carino.
Lo racconta Daniela Gambino nel suo libro uscito in questi giorni “Conto i giorni felici. Cercando la felicità e altre cose che sono venute dopo”, edizioni Graphe.It e in un’intervista srotola i punti cardine di questo viaggio alla scoperta della felicità, rimarcando il concetto che per essere felici ci vuole un piccolo salto di fiducioso coraggio.
“È un libro serio, innanzitutto – spiega la Gambino, ormai conosciuta come ‘la scrittora’ -, è lieto, gentile, ma è serio, va maneggiato con cura, contiene una serie infinita di citazioni di ricerche, ha dei riferimenti ferrei, è un viaggio moderno, a colpi di mouse e di giri su google, stralci di articoli, riviste.
Parto da me stessa dalla mia vita di donna fuori dai canoni, per chiedermi, come fare a essere felice, cosa significa essere felici? Non avere preoccupazioni, essere sani, essere belli? Nel libro si scardinano molti luoghi comuni, sapete che esistono ricerche che provano, dati alla mano, che si è più felici in terza età? Che le donne se la cavano benissimo da sole? Che avere un partner meno carino genera felicità? Tutto studiato, comprovato”.
La scrittrice siciliana ci tiene a dichiarare che non è proprio felice, ma certamente meno infelice di quando aveva vent’anni. “Non prendo in giro nessuno – continua -, ho le ansie, le preoccupazioni e le paure, però ho un ricchissimo mondo interiore, un vero piccolo patrimonio, che mi aiuta moltissimo a superare i momenti bui. Che mi aiuta a superarle.”
È un mondo interiore che è diventato un filtro, dove le piace accogliere la vita, arredarla, farla bella, con la scrittura, il disegno, la fotografia, il giardinaggio.
Una cosa è certa, la felicità spesso si riconosce a posteriori. Ti accorgi di essere felice dopo aver attraversato un lungo percorso, lo stesso accade per l’infelicità.
Ed ancora con questa poliedrica donna dalle mille risorse parliamo di amore, e per esempio, lei ci spiega che nelle sue pagine ci ha riflettuto moltissimo: “A volte – prosegue – abbiamo vissuto amori infelici ed eravamo certi che l’amore fosse così: incostante, infantile e distruttivo”.
Ma durante la conversazione emergono altre sfaccettature su cui soffermarsi: “Probabilmente la felicità – dice Daniela – è il momento in cui cogli le contraddizioni, in cui capisci cosa ti fa male e cosa bene. Parlo di malesseri volontari, perché l’amore, la scoperta dell’altro, non è un processo sempre piacevole e alcuni fatti, come lutti e distacchi, sono biologici, nel senso che non si possono evitare, fanno parte del pacchetto. Nella ricerca parto da cose basilari. Perché io sono stata infelice in situazioni che sono, generalmente, considerate belle, non solo in coppia, come dicevo prima, ma in cene galanti, viaggi, riunioni di famiglia. Io sono stata infelice quando non conoscevo bene il mio valore, cercavo disperatamente di farmi accettare, in base a valori che non mi appartenevano. Sono stata infelice quando insistevo a chiedere ascolto a persone che non avevano strumenti adeguati per ascoltare”.
E così le chiediamo cosa davvero ci vuole per raggiungere la meta più ambita di tutte e lei risponde: “Per essere felici bisogna essere indulgenti con se stessi e gli altri. Creare, tantissimo, non prendere nulla troppo sul serio. Non è facilissimo, ma serve, e tanto. Chi non ha mai sperimentato la sensazione di meravigliosa leggerezza che regala confessare a qualcuno il nostro amore o dire “ti voglio bene” ai genitori, agli amici? Ecco, per essere felici ci vuole un piccolo salto di fiducioso coraggio“.
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