Confiscati i beni di Tommaso Lo Presti, gli inquirenti lo ritengono il capo della mafia del mandamento di Porta Nuova a Palermo. I carabinieri del nucleo investigativo di Palermo hanno eseguito il provvedimento, il valore dei beni si aggira attorno al mezzo milione di euro. Lo Presti, 47 anni, detto “u pacchiuni”, è finito in carcere nell’operazione Iago del 2014.
L’iniziale provvedimento di sequestro emesso dalla sezione di misure di prevenzione nel luglio del 2017. Tommaso Lo Presti si trova nel carcere di Voghera. La corte d’appello ha confermato una condanna a 12 anni di reclusione.
Secondo gli inquirenti sarebbe importante il quadro probatorio raccolto nell’ambito delle indagini patrimoniali di Lo Presti. Il 47ernne avrebbe intestato molti dei suoi beni a terze persone con l’obiettivo di nasconderli così scongiurare l’eventualità di un sequestro patrimoniale. Un sistema che però non avrebbe funzionato. E’ emersa una sproporzione tra i redditi dichiarati e quanto possedeva.
Secondo le indagini dei carabinieri avrebbe diretto nel mandamento più importante di Palermo le attività estorsive e il traffico di sostanze stupefacenti. Ma anche la gestione illegale di giochi e scommesse. Il provvedimento di confisca ha riguardato l’impresa individuale D’Alia Fabio con attività di autoriparatore a Palermo, un magazzino e un abitazione intestata ad una donna.
Nei giorni scorsi proprio il nome di Lo Presti era tornato alla ribalta delle cronache. E’ stato infatti indicato dalla Procura come presunto mandante dell’omicidio di Giuseppe Di Giacomo, il nuovo reggente del mandamento di Zisa-Porta Nuova. L’agguato avvenne il 12 marzo 2014, sotto gli occhi del figlio di 8 anni della vittima, in via Eugenio l’Emiro. Ma il gip Filippo Serio non ha dato seguito alla richiesta di emissione di un ordine di custodia cautelare nei suoi confronti.