A ventisette anni dalla strage di via D’Amelio, a ventisette anni da quella domenica di luglio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della polizia di Stato di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina,è stato osservato alle 16.58,ora esatta della strage, un minuto di silenzio in ricordo delle vittime.
Sul palco, allestito nella strada, si sono alternati familiari di alcune delle vittime della mafia che non hanno ancora avuto giustizia come la madre del piccolo Claudio Domino.
Una giornata del ricordo in cui hanno preso campo anche le polemiche tra le quali quella che ha visto Fiammetta Borsellino lasciare la Questura, all’inizio delle commemorazioni, all’arrivo del cantante Gigi D’Alessio. Ma è la stessa Fiammetta Borsellino a smentire il legame tra i due eventi: “Sono andata via per motivi personali, ero stata lì per mezz’ora. Ho dato il mio contributo, mettendo in contatto la questura con Gero Riggio. Avevo una cosa urgente da fare”.
Centro di tutte le dichiarazioni e prese di posizione la vicenda depistaggio a partire dalle parole del Capo dello Stato: “Rimane forte l’impegno per Paolo Borsellino – ha scritto in una nota -, e per tutte le vittime di mafia, di assicurare, oltre al tributo doveroso della memoria, giustizia e verità”.
Anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice, si è concentrato sulla sete di giustizia della famiglia Borsellino a distanza di 27 anni. “Oggi con il Borsellino quater abbiamo soltanto una parte di verità, una parte di giustizia – ha sottolineato – Purtroppo è uno Stato di cui bisognerebbe vergognarsi però se pensiamo che è quello stesso Stato per cui Paolo Borsellino coscientemente ha sacrificato la sua vita allora forse dobbiamo cercare, visto che Stato siamo anche noi, di fare la nostra parte per cercare di cambiare queste cose”.
“Sono stato contento allorquando sottoponendo al voto la desecretazione dei materiali abbiamo avuto l’unanimità dei voti dei parlamentari, su questo non si può e non ci si deve dividere”. Così il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra che ha anche evidenziato la “fondatezza e legittimità delle richieste del fratello di Borsellino”, Salvatore, che ha chiesto che l’agenda rossa sia restituita alla memoria, alla verità e alla giustizia.
“Perchè mai un uomo dello stato è stato pugnalato da parti dello stato? E’ difficile poter pensare che quadri medio-bassi della polizia possano essere stati artefici di depistaggi: vogliamo capire chi è stato l’ideatore. E’ massima la condivisione delle richieste di Salvatore Borsellino e dei famigliari: questa richiesta non può che trovarci unanimi”.
“Siamo stati molto attenti all’attualità del fenomeno mafioso e in particolare abbiamo sentito, per la prima volta, i familiari di Borsellino: Rita, una donna dolce mite e forte che non ha mai abbandonato la battaglia; i figli, Fiammetta e l’altra sorella Lucia e abbiamo lasciato nella nostra relazione un chiarissimo riferimento alla vicenda processuale parlando per primi di un vero e proprio depistaggio” ha detto Rosy Bindi parlando a Sky e riferendosi al lavoro della Commissione Antimafia nella passata legislatura.
“Non posso che sottolineare che le istituzioni sono cambiate in questi anni ed erano già cambiate tra la prima e la seconda registrazione di cui oggi la Commissione dispone: quando parla della sua scorta siamo nei primi anni 80. Tra quella fase e la strage c’è in mezzo il maxi processo e l’Asinara: a via d’Amelio Borsellino aveva la macchina blindata. Negli anni è cresciuta l’attenzione dello stato anche se è chiaro che se Falcone e Borsellino non sono tra noi è perchè il loro lavoro ha dato fastidio non solo alla mafia ma anche a chi è fuori e che accetta di collaborare con la mafia. La mafia finirà nel giorno non troverà collaborazione a nessun livello; ma strada intanto è stata fatta”.
Sulla vicenda e sul lavoro della Commissione è intervenuto anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: “Il lavoro della commissione Antimafia che ha desecretato le audizioni del giudice Borsellino è certamente apprezzabile. Non credo che sia stato fatto a favore di celebrazioni perché comunque è un lavoro importante per tutti cittadini e per le nuove generazioni”.. “L’audio di Borsellino – ha aggiunto – ci ricorda che ci sono stati servitori dello Stato che hanno continuato a lavorare nonostante quello Stato allora li avesse isolati”.
“Il momento delle parole è finito. Lo Stato ora deve rispondere con i fatti” ha aggiunto. “La magistratura sta facendo gli accertamenti che servono – ha aggiunto – Credo nel lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine che continuano a operare per ricostruire la verità. Alle richieste legittime dei familiari delle vittime e di tutti i cittadini che hanno diritto alla verità, lo Stato deve rispondere con i fatti”, ha concluso. Bonafede si è fermato a salutare Vincenzo Agostino, padre dell’agente di polizia ucciso con la moglie nel 1989.
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