Trentaquattro arresti fra esponenti della mafia di Brancaccio e complici o prestanome e il sequestro di ben 42 aziende per un valore complessivo di oltre 60 milioni di euro. Sono i numeri del duro colpo inflitto alla nuova cosca di Brancaccio in una operazione congiunta di Polizia e Guardia di Finanza.
A guidare la cosca, secondo i risultati dell’inchiesta, era Pietro Tagliavia ritenuto capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di “Corso dei Mille”, attualmente ai domiciliari.
Ricostruito l’intero organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascuno e, in particolare, individuando gli elementi di vertice. Tra questi spiccano le figure di Claudio D’amore, Bruno Mazzara e Giuseppe Lo Porto, tutti fidati collaboratori di Tagliavia; Francesco Paolo Clemnte, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Lo Coco incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nel restante territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali; Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, rappresentanti della famiglia di “Brancaccio”; ed infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, titolati rappresentanti della famiglia “Roccella”.
Le indagini congiunte di Polizia e Gico della Finanza hanno anche fatto luce su numerosi episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della cosca di Brancaccio. Ricostruite decine di estorsioni perpetrate ai danni sia di imprese edili impegnate in importanti lavori di ristrutturazione, sia di piccole attività commerciali storicamente attive nel territorio sul quale la consorteria esercita il proprio dominio.
Secondo gli inquirenti, inoltre la cosca aveva il totale controllo di un “gruppo imprenditoriale”, distribuito su diverse Regioni ma particolarmente radicato in Sicilia e Toscana, che riciclava i soldi commettendo una molteplicità di reati tributari, in particolare utilizzando fatture false per decine di milioni di euro ma anche evasione fiscale arrivando a sviluppare complessivamente volumi d’affari annui, in relazione alle vendite effettivamente operate, per oltre 50 di milioni di euro.
Sequestrati anche numerosi veicoli e autoveicoli utilizzati per la commissione dei reati contestati, nonché delle aziende riconducibili agli esponenti mafiosi arrestati.
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