Il Tribunale del Riesame ha disposto la scarcerazione di Gaetano e Giovanni Fontana, esponenti del clan mafioso dell’Acquasanta, revocando la misura cautelare disposta a seguito della loro condanna in appello. I due fratelli erano stati arrestati nella notte tra il 14 e il 15 ottobre, su richiesta del sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno, poche ore dopo la sentenza che aveva inflitto loro rispettivamente 11 e 10 anni di reclusione. L’accusa aveva motivato l’arresto con l’elevato pericolo di fuga.
Gli avvocati difensori, Jimmy D’Azzò e Vincenzo Giambruno per Giovanni Fontana e Monica Genovese per Gaetano Fontana, hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame contestando la sussistenza del pericolo di fuga. Il ricorso è stato accolto e i fratelli Fontana sono tornati in libertà. Le motivazioni dettagliate della decisione saranno rese note tra circa un mese e mezzo.
L’avvocato D’Azzò ha sottolineato come l’assenza di un concreto pericolo di fuga fosse evidente. I finanzieri, incaricati dell’arresto, hanno trovato i fratelli Fontana regolarmente nelle loro abitazioni, nonostante fossero a conoscenza della condanna emessa alcune ore prima. Questo, secondo la difesa, dimostra che i due non avevano alcuna intenzione di sottrarsi alla giustizia.
La condanna in appello, emessa dalla quarta sezione della Corte d’appello presieduta da Vittorio Anania, ha ribaltato la precedente assoluzione pronunciata in primo grado dal Gup Simone Alecci il 21 ottobre 2022. I fratelli Fontana sono stati condannati per una serie di reati legati al controllo delle attività economiche e criminali, tra cui estorsioni e infiltrazioni nel cantiere navale.
Gaetano Fontana, considerato il nuovo capo del clan dell’Acquasanta e dell’Arenella dopo la morte del padre Stefano, è stato condannato a undici anni di reclusione. Suo fratello Giovanni ha ricevuto una condanna a dieci anni. L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia palermitana, condotta tra il 2018 e il 2020, ha accertato il loro coinvolgimento in attività illecite come racket del pizzo, gare truccate negli ippodromi, traffico di droga e commercializzazione di cialde e capsule di caffè.
Durante il processo d’appello, Giovanni Fontana non ha ottenuto i benefici per il suo presunto pentimento, non ritenuto credibile. La pena complessiva, considerando altre condanne per fatti simili, è salita a 19 anni, di cui 11 per il processo “Mani in pasta”. In primo grado, Giovanni Fontana era stato condannato a un anno e otto mesi, pena poi aumentata a dieci anni in appello.
Il terzo fratello, Angelo Fontana, e la sorella Rita, erano stati assolti in primo grado e la loro posizione non è stata oggetto di ricorso da parte dei pm Giovanni Antoci e Maria Rosaria Perricone. Il Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso dei difensori, ha rimesso in libertà Gaetano e Giovanni Fontana, ritenendo non sufficientemente dimostrato il pericolo di fuga in attesa della sentenza definitiva