Anche la cassazione stabilisce che il Comune di Cinisi resti il proprietario dell’immobile di contrada Napoli, il famoso casolare Badalamenti. La famiglia del boss Tano non ha per tempo rivendicato la proprietà e l’errore al momento della confisca. Perché effettivamente anche in questo ultimo grado di giudizio è stato appurato che l’errore ci fu. Ma le contestazioni andavano fatte per tempo, sin da quando ci fu il provvedimento di confisca che risale al 2010. Ecco perché il Comune resta il proprietario ma dovrà versare il valore dell’immobile, pari a circa 71 mila euro.
Ricorso inammissibile
La seconda sezione della cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato da Leonardo Badalamenti, il figlio del boss Tano, erede proprietario del casolare insieme a Vito Badalamenti e Teresa Vitale. Ad essere in buona sostanza confermata la sentenza di appello. Nel provvedimento di confisca fu commesso effettivamente un refuso, in pratica fu trascritta un particella anziché un’altra e nel calderone finì questo casolare. Un errore che venne corretto dalla corte d’assise solo nel 2020. A suo tempo i giudici disposero quindi che il casolare, che non era mai stato oggetto di sequestro, fosse riconsegnato agli eredi del boss. Ma nel frattempo il Comune aveva effettuato dei lavori e fu legittimato ad andare avanti dall’agenzia nazionale dei beni confiscati.
Il polverone nel 2020
Poi si solleva un polverone, anche perché Leonardo Badalamenti, forte della prima sentenza, va al Comune di Cinisi per rientrare in possesso dell’edificio. Va pure dai carabinieri per chiedere un loro intervento. Alla fine forza anche la serratura del casolare, visto che tutti gli negano il diritto di accedere. Nasce un aspro battibecco con l’allora sindaco Giangiacomo Palazzolo che rivendica la proprietà del casolare e finisce tutto in uno scambio di denunce. A gennaio del 2022, quando ormai il provvedimento di confisca era definitivo da 6 mesi e nessuno lo aveva neppure impugnato, il sindaco Palazzolo decise di assegnare l’immobile alla onlus “Casa memoria”. Fu consegnato a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso a maggio del 1978 proprio per volere di don Tano, il padre di Leonardo Badalamenti.
Cosa è stato stabilito
Adesso arriva la sentenza della cassazione, quindi definita. A parte i motivi tecnici e normativi, gli eredi non hanno fatto valere per tempo i loro diritti. “La confisca in esame – scrive la seconda sezione – non può in alcun modo incidere sulla legittimità del possesso dell’immobile , mai contestato dal ricorrente”. Le “censure”, dice la suprema corte, “andavano fatte valere con l’impugnazione di quei provvedimenti nelle sedi rispettivamente deputate, a tempo debito”. Per questo dichiara inammissibile il ricorso e condanna anche Leonardo Badalamenti al pagamento delle spese processuali e della somma di 3 mila euro in favore della cassa delle ammende.
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