San Giovanni degli Eremiti, uno dei simboli di Palermo.
- Venne costruita sulle rovine di un Monastero fondato da Papa San Gregorio Magno
- Sotto la dominazione araba in quel luogo venne edificata una moschea
- Si può visitare con Restart nelle sere del venerdì e sabato sino a fine agosto
La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti è uno dei simboli di Palermo. Dal 2015 fa parte del Patrimonio Unesco. Con Restart 2021 è possibile visitarla nelle sere del venerdì e del sabato, dalle 19 sino alle 22.30, sino al prossimo 28 agosto. La datazione della chiesa viene fatta risalire al 1130, all’epoca normanna. La storia di quella Chiesa ci riporta altri sei secoli indietro, in pieno Medioevo, e con Palermo sul punto di capitolare all’ondata delle truppe musulmane.
San Giovanni degli Eremiti e il Monastero benedettino di Sant’Ermete
In realtà, la storia della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti inizia con l’Anno Domini 581. Gregorio Magno non è ancora salito al soglio di Pietro. Diverrà il 64 mo pontefice soltanto nove anni dopo. Figlio di un senatore romano e di una nobildonna nata probabilmente a Palermo, proprio dalla famiglia materna aveva ottenuto terreni e possedimenti in Sicilia. A Palermo e nella provincia di Catania. Gregorio apparteneva a una delle famiglie più influenti dell’Urbe. Era diventato Prefetto di Roma, una delle più importanti cariche conferite dall’Imperatore. Aveva lasciato quella carica prestigiosa per seguire San Benedetto da Norcia, diventando così un monaco benedettino. Che fare di quei possedimenti in Sicilia? Il futuro Pontefice non ha dubbi: tutte le sue ricchezze saranno donate per l’assistenza ai bisognosi. Terreni e manieri, invece, verranno destinati alla creazione di Monasteri dell’Ordine Benedettino.
Sotto l’impulso di San Gregorio Magno, nell’anno 581 viene edificato a Palermo il Monastero dedicato a Sant’Ermete. Sarà la prima sede abbaziale della congregazione Benedettina in Sicilia. Meno di tre secoli dopo, nell’827, la Sicilia viene conquistata dai Saraceni. Palermo viene attaccata e cade nell’anno 831. Diventerà “Al Madina”, la città. Ai cristiani vengono offerte due scelte: o si convertono all’Islam o saranno uccisi. I luoghi di culto cambiano pelle. Il Monastero voluto da San Gregorio Magno viene distrutto. Al suo posto viene edificata una Moschea.
Re Ruggero fa costruire San Giovanni degli Eremiti
Un balzo di altri due secoli e la Sicilia viene riconquistata dai Normanni. Palermo diventa la capitale e Re Ruggero, pur essendo tollerante verso tutte le confessioni religiose, fa ricostruire i vecchi monasteri distrutti durante l’assedio degli arabi. Siamo arrivati al 1132. Il vecchio Monastero benedettino voluto da San Gregorio Magno è nuovamente in piedi. Nasce così la leggenda della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti. Non esiste una certezza storica, ma nel nome di quel luogo di culto è inserito il termine “Eremiti”, proprio per ricordare la precedente devozione a Sant’Ermete.
Oggi, la Chiesa di S. Giovanni degli Eremiti, è uno dei monumenti simbolo della città, nella versione che venne radicalmente restaurata nel 1882 da Giuseppe Patricolo. Nella sua opera di restauro, l’architetto tentò di riportare in auge le strutture medievali, cancellando ogni intervento successivo a quel periodo
San Giovanni degli Eremiti e le cupole rosse
Sul piano architettonico, la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti riflette una particolare purezza dei volumi. La chiesa è diventato un simbolo per il suo tetto ornato da cupole rosse: due cupole maggiori, corrispondenti alla navata principale e due più piccole sul transetto, poste a differenti livelli. Le finestre, oggi vuote, in passato erano impreziosite da un traforo geometrico, soluzione caratteristica dell’architettura islamica. All’interno si trova un chiostro piccolo e semplice: è quanto resta del monastero benedettino voluto da San Gregorio Magno. Le cupole sono ornamenti architettonici tipici dell’arte musulmana. Oltre a San Giovanni degli Eremiti, le cupole rosse di Palermo si possono ammirare anche nelle chiese di San Cataldo e San Giovanni dei Lebbrosi.
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