Ci riprova il sindaco-boss di Cerda Giuseppe Biondolillo. A distanza di due anni dal primo permesso premio ottenuto, che però fu violato dallo stesso Biondolillo, ora lo Stato ha deciso di concedergli una seconda possibilità. Lui ha già fatto ritorno nella sua Cerda dove vi rimarrà per qualche giorno, secondo quanto riporta il Giornale di Sicilia.
Biondolillo, da tutti conosciuto con il nomignolo di “principe”, sta scontando il carcere a vita perché accusato del duplice delitto dei fratelli Giuseppe e Salvatore Sceusa, avvenuto nel 1991. A svelare quel tragico fatto di cronaca fu il pentito Nino Giuffrè che nel 2002, poco dopo il suo arresto, decise di collaborare. Gli imprenditori Giuseppe e Salvatore Sceusa furono uccisi e sciolti in un bidone con 200 litri di acido il 19 giugno del ’91. Giuffrè raccontò che fu proprio Biondolillo ad attirare nella trappola i due, in accordo ovviamente con i boss che volevano la loro morte perché si sarebbero rifiutati di pagare il pizzo. “Valutando la situazione, – disse Giuffrè agli inquirenti – escludemmo di sparare per non fare rumore. Stabilimmo allora d’usare la lupara bianca. Per questo avevamo bisogno d’una persona che ce li portasse, che li attirasse in trappola. La persona in grado di mettere in atto questa strategia era Giuseppe Biondolillo”.
Nel luglio del 2019 Biondolillo per la prima volta uscì dal carcere sempre per un permesso premio. Ma durò davvero poco, Perché i carabinieri di Cerda lo sorpresero in casa sua in compagnia di una persona estranea al proprio nucleo familiare, e questo è vietato a chi è in regime di detenzione come nel caso dell’ex sindaco. E così il boss tornò dietro le sbarre.
Il nome di Biondolillo non venne fuori sicuramente dal solo Giuffrè. Prima di lui l’ex sindaco finì nei guai negli anni ’90 in paio di volte per questioni legate a presunte storie di corruzione. Poi però arrivò la parola dei pentiti e fu condannato in via definitiva per il duplice omicidio degli Sceusa con l’ergastolo. Ma già il nome di Biondolillo era molto in voga nei palazzi di giustizia. Alla fine degli anni ’80 divenne sindaco, ma fu anche consigliere e assessore. Nel ’91 ci fu il primo scioglimento per mafia del Comune e ilo nome di Biondolillo era quello pi chiacchierato.
In occasione dello scioglimento per mafia del Comune di Cerda nel ’91 l’allora ministro degli Interni, Nicola Mancino, non ebbe parole al miele per il politico-boss. Di lui fu scritto testualmente: “Emergente è la figura di Biondolillo Giuseppe, da oltre un decennio in seno al consiglio comunale, ritenuto essere il capo ‘cosca’ di Cerda, notato in compagnia di numerosi indiziati di appartenenza alla mafia, pregiudicati, sorvegliati speciali e diffidati, con i quali intrattiene anche rapporti di amicizia, sospettato di trarre in tutto o in parte proventi da attività illecite. Eletto nel 1978, ha ricoperto varie volte le cariche di sindaco ed assessore, in atto consigliere, è ben inserito nel contesto politico amministrativo; per l’ascendente di cui gode ottiene nelle elezioni un rilevante numero di voti che gli permette di manovrare a piacimento all’interno dell’amministrazione, agevolato anche da alcuni consiglieri comunali sui quali ha fatto confluire voti, e attraverso i quali continua ad amministrare. Nel 1984 era componente del collegio sindacale della Cassa rurale ed artigiana ‘Maria SS. Immacolata’ di Cerda, della quale è socio unitamente ad alcuni suoi amici fidati tra i quali anche pregiudicati e indiziati di appartenenza alla mafia. Tale Cassa fu oggetto di accesso ispettivo disposto dall’Alto commissario. Nel 1989 è stato proposto per l’avviso orale previsto dall’art. 3 della legge 3 agosto 1988, n. 327, e sono in corso accertamenti per la proposta di una più grave misura di prevenzione”.