“L’esame congiunto già avviato e previsto dalla Legge non si è ancora concluso. Durante l’incontro del 15 aprile, Filcams Fisascat e UilTucs, unitamente alla società, hanno concordato di rincontrarsi dopo il 22 aprile, data entro la quale doveva essere nominato il liquidatore della società. Qualsiasi accordo firmato fuori dalla procedura è nullo e non ritenuto valido per legge. Adesso ci aspettiamo la convocazione presso la Direzione territoriale del lavoro per potere proseguire l’esame congiunto, pena la denuncia per attività antisindacale al legale rappresentante del Cedi Sisa”.
Lo affermano Monia Caiolo, Mimma Calabrò e Marianna Flauto alla guida di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, in merito alla polemica sulla vertenza Cedi Sisa che ricordano che “per evitare il proliferare di mini pseudo sindacati, magari favoriti dalle imprese con l’obiettivo di firmare accordi di favore, hanno sottoscritto con Confcommercio, associazione che firma il Ccnl applicato ai lavoratori del commercio, un accordo sulla rappresentanza determinandone criteri e modalità che anche in questo caso è valido solo tra i soggetti che lo hanno stipulato”.
Replicano, dunque, così alla nota dei sindacati autonomi, i confederali che assistono i dipendenti di Cedi Sicilia. Gli autonomi avevano ribadito, ier, la validità e correttezza dell’accordo da loro raggiunto con l’azienda ma i confederali ribadiscono la nullità dello stesso accordo.
Quindi i sindacati proseguono: “Ci sorprende il silenzio della società che delega altri a parlare per proprio conto. Vista la delicatezza della situazione il presidente Petitto dovrebbe intervenire per chiarire la situazione con la trasparenza che è dovuta ai lavoratori. In ogni caso gli unici accordi validi saranno quelli raggiunti con i soggetti ai quali la legge e non altro affidano tale legittimità”.
E ancora: “Invocare i tavoli unitari da parte di sigle autonome non rappresentative è soltanto un modo per confondere le idee a chi non conosce le norme, per spostare l’attenzione su aspetti residuali e soprattutto per potere essere accreditati da chi invece è titolato dalla legge che ricordiamo recita chiaramente ed inequivocabilmente che sono le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Appare indubbio che Asia e Cildi sono sigle che probabilmente non sono neanche rappresentative a livello comunale ed a maggior ragione se il riferimento si sposta sulla “maggiore rappresentatività “. Stessa cosa dicasi per la costituzione della rsa che anche in questo caso è la legge 300/70 che ne stabilisce i criteri di elezione con le modifiche apportate a seguito di sentenza della Corte costituzionale del 2013. Tra l’altro non ha alcun valore il presunto rapporto di affiliazione ad altre sigle sindacali presenti sul piano nazionale firmatarie di accordi. Non esiste il riconoscimento per estensione, quando si firma un accordo è valido solo tra le parti che lo sottoscrivono”.
Le tre sindacaliste proseguono: “Bisogna dire che l’azienda in passato ha assunto evidenti atteggiamenti ostativi nei confronti delle di Cgil Cisl e Uil, avviando procedure viziate nella forma e licenziando senza tenere conto dei criteri di legge tant’è che sono stati avviati contenziosi, conclusi favorevolmente per i lavoratori dimostrando la bontà delle nostre posizioni ed il prevalere della legge sulla discrezionalità. L’atteggiamento palesemente autoreferenziale assunto da talune sigle appare ridicolo e patetico così come parlare di rappresentanza, in assenza di una legge che regolamenti tale materia che rimane frutto di accordi tra soggetti firmatari. Sarebbe necessario studiare di più e dire meno inesattezze soprattutto nell’interesse e nel rispetto dei lavoratori, loro iscritti. Adesso ci aspettiamo la convocazione presso la Dtl per potere proseguire l’esame congiunto, pena la denuncia per attività antisindacale al legale rappresentante del Cedi Sisa. L’unico nostro obiettivo è guardare ai problemi più seri e pesanti da affrontare a tutela dei 139 lavoratori e delle loro famiglie”.
Mentre i sindacati litigano sulla validità degli accordi, i dipendenti aspettano, litigano a loro volta e soprattutto vedono il futuro sempre più nero