Il Palazzo mostra il suo cuore normanno, ricostruito attraverso un excursus storico-culturale che attinge a manufatti ospitati al suo interno e provenienti da altri musei siciliani. “Castrum superius. Il palazzo dei re normanni” è il nome dell’esposizione che rimarrà nelle Sale di Montalto fino al 10 gennaio 2020.
Oggi l’inaugurazione ufficiale. Stamattina un’anteprima per la stampa. Presenti il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e il direttore della Fondazione Federico II Patrizia Monterosso.
L’evento è stato curato da un comitato scientifico di alto livello di cui fanno parte Giuseppe Barbera, Stefano Biondo, Henri Bresch, Maria Maddalena De Luca, Maria Concetta di Natale, Antonino Giuffrida, Stefano Vassallo, Vladimir Zoric.
“Un metodo – ha voluto sottolineare Patrizia Monterosso – condiviso con il presidente Miccichè, che ha coinvolto energie non soltanto siciliane ma anche internazionali, per mostrare un splendore unico e il cosmopolitismo di cui furono capaci i normanni e che in questo percorso diventa plastico e palpabile. Questa volta il protagonista della mostra è lo stesso palazzo, la cui storia è stata sviscerato da un’equipe di livello internazionale”.
“Qualche tempo fa – ha detto Miccichè – mi sono reso conto che il palazzo era conosciuto soprattutto quale sede di Federico II. Oggi questa grande sorpresa per me e per tutti i visitatori di riscoprirne l’anima normanna. Un’altra dimensione della Fondazione che oggi lavora per una fruizione integrale dello stesso e per una sua “riscoperta” grazie alle migliori energie e agli strumenti della moderna tecnologia”.
Un elefante proveniente da Mazara del Vallo, leoni del Palazzo esposti accanto a quelli di Mazara, una copia del mantello di Ruggero, il cui originale è conservato a Vienna, una stele funeraria quadrilingue, un candelabro musulmano, e tanto altro si possono ammirare nell’esposizione che vuole offrire una lente d’ingrandimento sulla sede dei re normanni, fino all’ultima regina, Costanza d’Altavilla.
Era il “Palatium novum” che si contrapponeva al “Palatium vetus”, il Castello a Mare, dove s’insediarono in un primo momento. Il percorso espositivo si articola in più sezioni: la prima dedicata ai Normanni; seguono la Sicilia araba, la Sicilia normanna, il Castrum superius, gli opifici, la zecca.
Fra gli importanti rilievi storici che emergono seguendo l’iter pensato per la mostra, è da sottolineare la pregnanza della lingua araba nel popolo siciliano, che la parlò fino alla metà del 1300, mentre il latino era appannaggio delle classi colte e attecchiva l’embrione del volgare italiano.
La zecca di Palermo era talmente importante che il nome, proveniente dall’arabo “sikka”, per antonomasia, è passato ad indicare tutti i luoghi in cui si conia moneta; nel corso dell’esposizione si scopre che le prime monete erano incise in arabo, perché questo era il know how che trovarono i Normanni e che Ruggero II fu il primo “globalizzatore” del regno avendo fatto incidere monete in tre lingue: arabo, latino e greco.
Fra le maggiori curiosità, si apprende che l’immagine della Palermo araba delineata da Amari è molto letteraria e che la città era un centro di smistamento di schiavi cristiani durante la dominazione araba.
La mostra è visitabile, da lunedì a sabato, dalle 8,15 alle 17,40; la domenica e i festivi dalle 8,15 alle 13.
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