I canoni demaniali dell’autorità portuali non sono tassabili. Lo ha deciso la corte di cassazione tributaria su un ricorso con l’autorità portuale della Sicilia occidentale. I giudici della corte suprema della sezione tributaria presieduti da Ettore Cirillo, relatrice Andreina Giudicepietro, hanno rigettato il ricorso dell’Agenzia dell’Entrate affermando la tesi della non tassabilità dei canoni demaniali relativi all’anno 2006 dell’autorità di sistema portuale del mare di Sicilia occidentale.
La Cassazione ha condiviso la tesi dell’Autorità Portuale, difesa dall’avvocato Angelo Cuva secondo la quale enti gestori dei porti sono pubblici e non economici di rilevanza nazionale e a ordinamento autonomo, in relazione al rilascio delle concessioni demaniali marittime ed alla conseguente riscossione dei relativi canoni, svolgono una funzione meramente statale. Per l’Autorità portuale di Palermo, ora Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia occidentale, l’Agenzia del Entrate di Palermo aveva chiesto, per il 2006, il pagamento, a titolo di Ires, Irap, Iva, sanzioni e interessi, di un importo complessivo superiore a 500.000 euro. Analoghi accertamenti di importi più elevati sono stati emessi per altre annualità, per il 2007 ad esempio l’accertamento è di 2.200.000 euro.
I giudici di legittimità hanno richiamato le norme che affermano che “gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro e i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Gli atti impositivi o sanzionatori fondati sull’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ai canoni demaniali marittimi introitati dalle autorità portuali perdono efficacia e i relativi procedimenti tributari si estinguono”. La Corte ha fatto ampio riferimento all’orientamento interpretativo del Consiglio di Stato, invocato dall’Autorità Portuale, ha affermato che “il canone assolve ad una funzione sia corrispettiva del vantaggio scaturente dal diritto di uso esclusivo del bene demaniale, sia compensativa del nocumento patito dall’interesse pubblico soddisfatto dal non più consentito o limitato originario diritto di uso collettivo del bene medesimo.
Il canone concessorio una “prestazione imposta” non ha tuttavia natura tributaria non può essere considerato come un mero canone locatizio poiché alla sua struttura e quantificazione concorre la specifica destinazione all’interesse pubblico impressa al bene demaniale. Tale destinazione impone che la determinazione del canone sia la più idonea al perseguimento dei fini di interesse pubblico che si ritengono meritevoli di soddisfazione.
La Corte ha, poi valorizzato i precedenti arresti di legittimità in materia richiamati dalla difesa dell’Autorità Portuale di Palermo e, segnatamente, l’ ordinanza 27035 del 2021 che ha “precisato che le Autorità portuali, quali soggetti regolatori e non produttori di servizi portuali, vanno qualificate sul piano sia funzionale, sia finanziario, quali enti pubblici non economici. Tale soluzione sarebbe frutto della scelta del legislatore effettuata con la legge 28 gennaio 1984, n. 94, di riordino della legislazione in materia portuale di adottare per le Autorità portuali il modello della cosiddetta landlord port model, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo sia del territorio, sia delle infrastrutture portuali, affidate alle Autorità portuali, rispetto alle funzioni di gestione del traffico e dei terminali (banchine), affidate a privati, ferma restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.
La Corte ha, dunque, ribadito che i canoni percepiti dalle Autorità portuali per la concessione delle aree demaniali marittime non sono soggetti ne ad Iva, ne ad Ires, trattandosi di importi corrisposti per lo svolgimento di attività proprie delle finalità istituzionali di tali enti pubblici non economici, salvo che l’Amministrazione finanziaria dimostri in concreto che le riprese concernano attività di impresa, esercitata dall’ente pubblico al di fuori degli scopi istituzionali (Cass. n. 14020/2011)”.
La Corte a fronte delle eccezioni sollevate dall’Agenzia delle entrate ha, infine, ritenuto irrilevante ai fini di causa, sia pure sotto diverso profilo, il decreto-legge 16 giugno 2022, n.68 (conv. dalla legge 5 agosto 2022, n.108) che dal 2022 ha previsto una parziale tassabilità dei canoni concessori , osservando che esso fa salve le condotte anteriori e prevede il diniego di rimborso dei versamenti pregressi.
Per tali considerazioni non è apparso necessario accogliere la richiesta di rinvio dell’Amministrazione Finanziaria in attesa della definitività della pronuncia sul punto del Tribunale dell’Unione europea, poiché lo ius superveniens non risulta applicabile alla annualità di cui si controverte.
La sentenza, osserva il professore Angelo Cuva, affermando dei principi generali sulla natura dei canoni concessori e prendendo posizione anche sulla rilevanza della nuova normativa in materia solo per le annualità successive al 2021, chiude definitivamente il rilevante contenzioso relativo alle altre Autorità di sistema portuale italiane che hanno subito analoghi accertamenti.
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