“Per dare risalto all’indagine della Procura di Termini Imerese, l’unico modo era quello di adottare misure cautelari, e così è stato. Tutto è stato servito su un piatto d’argento”. Così il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque in conferenza stampa, con i suoi legali, parlando dell’inchiesta che lo vede indagato. Ieri il gip ha revocato, col parere contrario del pm, l’obbligo di firma cui era sottoposto.
“Io a Bagheria ho tolto la gestione dei rifiuti alla mafia, però sono indagato: c’è qualcosa che non va: mandatemi in galera, al 41 bis, ma indagate chi ha mangiato con la mafia” ha commentato Cinque.
E ancora: “Non sono Kafka – ha detto Cinque – ma mi sembra che questo processo non si debba nemmeno celebrare, ancora non ho capito perché sono seduto qui. Al di là del rispetto che ho per i magistrati, devo fare emergere i vuoti in questa storia. C’è sempre stato un silenzio assordante su Bagheria quando i rifiuti erano in mano alla mafia, pure io sono in grado di individuare le persone facendomi un giro”.
“La misura cautelare è stata applicata fondamentalmente solo in relazione alla questione riguardante il palazzetto dello sport. Rispetto agli altri capi di imputazione, il gip non era intenzionato ad interrogarmi” – ha detto il primo cittadino – ciò nonostante, ho ritenuto consono dover rispondere a tutti gli argomenti che mi si imputa, poiché avevo le risposte documentate e poiché quanto ricostruito ed in loro possesso era incompleto”.
Il sindaco, nel corso della conferenza, durante la quale ha risposto a tutte le domande dei giornalisti è poi entrato nello specifico dei tre capi di imputazione che gli vengono contestati, dopo aver fornito ampia documentazione ufficiale a supporto, che non era nelle disponibilità della procura e al fine di consegnare un quadro più chiaro.
Gli avvocati hanno sottolineato che “le fasi dell’inchiesta sono diverse: in questa prima fase sono stati forniti tutti gli elementi utili a fare chiarezza”.
Relativamente a chi chiedeva informazioni circa i tempi gli avvocati hanno sottolineato che “i tempi sono legati alle indagini e che la procura lavora a 360 gradi e si può arrivare anche a 12 mesi”.
A chi invece chiedeva circa il peso delle intercettazioni riportate dalla stampa, gli avvocati hanno risposto: “le intercettazioni occorre collocarle sempre in modo temporale e nella loro interezza, fondamentali sono anche la voce, il tono con cui sono state dette le cose”.
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