Un ritorno al passato in cui non mancano, tuttavia, le novità rilevanti. La riforma elettorale per gli enti locali siciliani, licenziata dall’Ars, senza non pochi mal di pancia, potrebbe già trasformarsi nella cartina di tornasole per quel Italicum che per certi versi l’ha generata.
Fra le novità, la più importante è certamente la soglia del 40 per cento, fortemente voluta dal Pd, che dovrà essere superata dai candidati sindaco per vincere direttamente le elezioni senza passare dal ballottaggio.
Una cifra digerita male da Forza Italia, che inizialmente aveva flirtato con i democratici fino a poco prima della votazione, sperando di abbassarla al 38 per cento (i forzisti inizialmente spingevano per il 35), e malissimo dal M5S che a più riprese ha tuonato annunciando “la morte della democrazia” perché “di fatto in Sicilia viene stravolto un principio matematico: vince la minoranza”.
Fin qui la riforma elettorale per le Amministrative ricalca certamente una parte significativa dell’Italicum, ma non è detto che non possa essere la chiave di volta per far superare quelle criticità alla legge nazionale già messa in discussione dai suoi stessi promotori (Pd in testa) che adesso ne chiedono la modifica.
La riforma elettorale per i comuni siciliani varata dall’Ars, infatti, praticamente riporta indietro le lancette al 2011 quando l’effetto trascinamento delle liste decretava l’elezione di un sindaco, anche se questi era un perfetto sconosciuto alla maggioranza degli elettori.
Di fatto viene ripristinato il sistema che attraverso la moltiplicazione delle liste di una coalizione irrobustisce automaticamente il candidato alla poltrona di primo cittadino. Come si ricorderà bastava votare per un aspirante consigliere per trasferire la propria preferenza anche al candidato sindaco di quella coalizione.
La legge, quindi cancella nella sostanza quel voto confermativo che nei quattro anni in cui è rimasta in vigore la legge pensata nel 2012 aveva prodotto una raffica di ricorsi al Tar, molti (se non tutti) dei quali rigettati.
Del resto, fino a quattro anni fa, era inusuale mettere due croci sulla stessa scheda, una per il sindaco e una per il candidato consigliere, ma la legge precedente a quella che ieri ha visto la luce, aveva sdoganato questo concetto un po’ bizantino.
Prassi che tuttavia rimarrà per quanti vorranno esprimere il cosiddetto voto disgiunto. Per superare il problema, onestamente, bastava introdurre la doppia scheda: una per il sindaco e una per il consiglio comunale. Certo, a farne le spese sarebbero stati probabilmente gli scrutatori che avrebbero allungato di qualche ore le operazioni di spoglio, ma gli elettori, magari solamente quelli più distratti, ne avrebbero beneficiato eccome.
Insomma, con il ‘Trinacrium’ o ‘Truffarellum’, copyright rispettivamente del coordinatore di Forza Italia, Gianfranco Micciché e degli esponenti del M5S, le coalizioni torneranno ad avere un ruolo ancora più determinante: praticamente ciò che molti immaginano di vedere modificato nell’Italicum.
La prova provata, ovviamente, saranno le prossime elezioni comunali per le quali sono già iniziate le grandi manovre.
C’è poi la norma che nei Comuni con oltre 15mila abitanti abbassa il quorum per la mozione di sfiducia ai sindaci al 60 per cento più uno dei pareri dei consiglieri comunali, rispetto ai due terzi finora in vigore.
Inizialmente era stato proposto il 50 per cento e non sono mancate le frizioni anche fra le varie anime del Pd. Tuttavia in aula è poi emersa la volontà dei dem di arrivare fino al 60 per cento e la norma è passata. Va spiegato che negli altri resta in vigore la normativa attuale.
Non sono passati gli emendamenti, invece, che prevedevano dei limiti ai mandati dei consiglieri comunali e quello che avrebbe voluto eliminare la preferenza di genere per paura di un controllo del voto.
Rosario Crocetta, su quest’ultimo punto, è intervenuto in una sua apparizione in aula ricordando come nel parlamento palestinese vengono riservati dei posti alle minoranze cristiane.
Il governatore, argomentando sullo spettro del controllo del voto che secondo alcuni si palesa con la doppia preferenza, ha auspicato di immaginare un percorso che porti al voto elettronico.
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