L’indagine sulla gestione della casa di riposo per anziani Villa Valenti inizia da una denuncia presentata dal figlio di una donna morta che era stata assistita dalla struttura.

L’uomo ha raccontato che la madre era stata inserita nella casa di riposo nel giugno del 2021 era morta il 28 gennaio del 2022 dopo un ricovero in ospedale a Villa Sofia avvenuto il 24 gennaio troppo  tardi viste le condizioni di deperimento della madre. Condizioni serie accertare e dichiarate anche dal primario del pronto soccorso di Villa Sofia.

“La donna è arrivata in uno stato cachettico, cioè con una perdita di massa muscolare, con difficoltà ad alimentarsi severamente aggravata dalla presenza di una flogosi polmonare, cioè un infiammazione ai polmoni. La perdita di peso era insorto nelle settimane precedenti”.

Struttura a gestione familiare

La struttura come emerge dalla indagini condotte dal nucleo di polizia economico e finanziaria della guardia di finanza di Palermo è per lo più a gestione familiare. L’amministratore è Francesco Paolo Valenti e il gestore di fatto la madre di Valenti Mattea Li Mandri.

I due sono stati raggiunti da un provvedimento firmato dal gip Lorenzo Chiaramonte l’interdittiva del divieto di esercitare attività d’impresa e rivestire uffici direttivi per la durata di un anno accusati di sfruttamento del lavoro, caporalato e abbandono di persona incapace.

E’ stato disposto il sequestro di 8 mila e 500 euro nei confronti degli indagati e della società Giafra sas finita in amministrazione giudiziale. E’ stato sequestrato anche l’immobile della struttura Villa Valenti in via Ruggero Marturano a Palermo.

Le scoperte anche sul fronte occupazionale

Le indagini dei finanzieri hanno fatto emergere che le donne impiegate nella casa di riposo Villa Valenti percepivano da 700 euro a 500 fino a 350 euro al mese. Per l’Inps in quella struttura non risultavano dipendenti.

Le posizioni delle lavoratrici

Le posizioni lavorative erano sospese. Ed invece Mary, Rosy e Concetta lavoravano ben oltre l’orario di lavoro previsto dal contratto nazionale. Approfittando dello stato di bisogno venivano retribuite con una paga orario di poco meno di 3 euro l’ora. Ben lontano da 1.300 euro mensili previsti dal contratto di lavoro.

Tra l’altro la legge regionale prevede diverse figure per la gestione della struttura. Che secondo quanto accertato dai finanzieri erano previste solo sulla carta. Come accertato dalle riprese delle telecamere piazzate dai finanzieri nella struttura. I turni di mattina iniziavano alle 6.30 e finivano alle 13 e 30 quelli di pomeriggio dalla 13 e 30 fino alle 20.30.

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