Palermo

Canone unico patrimoniale a Palermo, il Tar annulla delibera consiglio comunale sul nuovo regolamento

I giudici del Tar della Sicilia hanno annullato la delibera del consiglio comunale di Palermo con la quale è stato adottato il nuovo “Regolamento per l’applicazione del canone unico patrimoniale” (Cup).

Questo regolamento, che riunisce diverse forme di prelievo fiscale e oneri concessori, tra cui la Tosap, i canoni per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, l’imposta sulla pubblicità ed i diritti di affissione, ha portato ad un aumento esorbitante del canone imposto a molti concessionari.

Accolto il ricorso

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di quattro concessionari di una striscia di terreno demaniale, assistiti dall’avvocato Luigi Raimondi, cui il Comune, nell’agosto del 2022, in applicazione di tale regolamento, aveva domandato un canone pari ad otto volte gli oneri precedentemente richiesti.

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Il Tar presieduto da Salvatore Veneziano estensore Francesco Mulieri, ha accolto la tesi dell’avvocato Raimondi, che ha evidenziato che il Comune, nell’applicare il Cup, deve rispettare l’obbligo di mantenere il gettito complessivo derivante da questo canone pari a quello ottenuto dalle imposte che sostituisce. Qualsiasi variazione delle tariffe, anche in aumento, non può superare la soglia del gettito ottenuto in precedenza, pena la violazione degli articoli 23 e 119 della Costituzione. Questo principio limita l’autonomia del Comune nel determinare il canone, imponendogli di rispettare l’invarianza del gettito per evitare aumenti ingiustificati e sproporzionati a carico dei contribuenti. Nella sentenza si legge al riguardo che “il Comune di Palermo ha impiegato in maniera illegittima la discrezionalità conferitagli dal comma 817 della legge n. 160/2019, in quanto, come evidenziato dalla ricorrente, ha determinato il Cup: senza in alcun modo determinare la soglia del gettito conseguito nel 2020; senza spiegare le modalità attraverso le quali ha ricalcolato il canone patrimoniale sulle occupazioni di suolo pubblico permanenti dei beni immobili di proprietà comunale; senza effettuare alcuna previsione circa gli incassi che conseguirà con l’entrata in vigore del regolamento impugnato”.

Anche nel corso del presente giudizio, in cui è stato sollecitato dal Collegio a prendere posizione sul punto, il Comune non ha fornito alcun elemento volto a chiarire il proprio modus operandi limitandosi ad affermare, nella propria memoria difensiva, che “nessuna norma imponeva al Comune di esplicitare il gettito complessivamente conseguito nel 2020 dalle entrate che sono state sostituite dal Canone Unico Patrimoniale (C.U.P.)”.

Il Comune, pertanto – prosegue il Tar – “ammette di avere omesso di svolgere qualsivoglia attività istruttoria per la fissazione delle nuove tariffe, rivendicando il potere di fissarle liberamente”.

Il Consiglio comunale è dunque tenuto a conformarsi alla sentenza, adottando un nuovo Regolamento “emendato dal vizio di illegittimità accertato e adottando gli atti amministrativi conseguenti”.

L’avvocato Raimondi esprime piena soddisfazione per la sentenza che, annullando i canoni arbitrari fissati dal regolamento impugnato, costringe il Comune ad adottare misure proporzionate e giustificate da un’istruttoria trasparente.

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