Il corpo di fratel Biagio riposa in una cameretta del suo alloggio tra i canti di alcune suore e il via vai di amici e volontari. Si piange compostamente il missionario dei poveri stroncato da un male al quale aveva mostrato il suo volto più sereno, come quello che rivela a tutti anche sul letto di morte.
Aperta la camera ardente
Una folla composta e silenziosa sta rendendo l’ultimo omaggio a Biagio Conte. Poco dopo le 17, all’interno della Missione Speranza e carità di via Decollati, si sono spalancate le porte della chiesa dove è stata allestita la camera ardente. Presenti anche i genitori di fratel Biagio, Maria e Giuseppe, e le due sorelle, Angela e Grazie con le rispettive famiglie. Il feretro, esposto davanti all’altare, è stato avvolto nel saio verde che il missionario laico era solito indossare con ai piedi i sandali e tra le braccia il suo inseparabile rosario e il bastone di legno. A pochi centimetri dal suo volto, è stata appoggiata anche una grande conchiglia bianca simbolo del pellegrino e del percorso spirituale di fratel Biagio su questa terra. Tra le corone di fiori deposte ai suoi piedi, spicca un semplice mazzo di tre rose bianche accompagnato da un piccolo biglietto con la scritta «Resterai sempre nei nostri cuori».
La vita dopo Biagio Conte
Biagio Conte non c’è più ma tutto intorno la vita continua. Gli ospiti della comunità di via Decollati, una delle nove della missione Speranza e carità, vivono la vita di ogni giorno: dalla saletta in cui si prega per fratel Biagio si sentono perfino i rumori di una pialla elettrica. Al laboratorio da falegname si continua a lavorare, gli altri capannoni sono aperti, al magazzino il servizio non si è fermato. Fuori le persone fanno la fila ma per dare a Biagio Conte l’ultimo saluto devono aspettare che venga preparata la camera ardente. Ora sono ammessi gli amici più stretti che entrano nella saletta della veglia passando sotto una stella cometa nella quale è riassunto il credo spirituale di fratel Biagio: “E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Fiumi di persone in via Decollati
Tra i primi ad arrivare in via Decollati ecco l’ex sindaco Leoluca Orlando. Ricorda le lotte comuni in difesa dei poveri, l’amicizia spontanea, i compiti della missione: “A lui tutti abbiamo delegato tutto”. Ma ora, si chiede, “cosa farà Palermo senza Biagio?”. “Continuerà tutto come prima”, risponde Riccardo Rossi che da anni cura la comunicazione per la missione.
“Da cinque anni – dice – Biagio andava in giro, faceva digiuni, distribuiva il suo amore. Aveva sviluppato il suo ruolo spirituale mentre qui tutto andava avanti”. Ma faceva sentire il suo carisma e fino all’ultimo lanciava appelli per pagare le bollette e per raccogliere cibo e generi di necessità. È mezzogiorno quando in via Decollati arrivano le “autorità”. Non giungono alla spicciolata ma formano un unico gruppo: il presidente della Regione, Renato Schifani, il sindaco Roberto Lagalla, il prefetto Maria Teresa Cucinotta, il questore Leopoldo Laricchia, ufficiali e comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza. Non sembra una passerella. Sono tutti commossi e di poche parole.
Per i collaboratori di Biagio Conte è facile osservare che mentre prima era lui a cercarle ora sono le “autorità” a venire in comunità per riconoscere quanto contava quel missionario che ha speso la vita per i poveri e per gli ultimi. Per dare testimonianza del suo amore dormiva per terra su un materasso. Solo quando il male era all’ultimo stadio ha accettato di essere sistemato su un letto.
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