A conclusione del convegno “Il Valore dell’Impresa, l’Impresa di Valore“, alla Omer di Carini (Pa), il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha partecipato alla consegna di 13 targhe alle altrettante imprese selezionate come ambasciatrici di eccellenza, che si sono distinte per competitività, innovazione, per riconoscibilità del marchio, per essere vessillo e bandiera dello sviluppo di un territorio. Un premio all’impresa che c’è, resiste, sogna, produce e fa crescere la Sicilia. Tre categorie di eccellenza: brand identity, competitività, innovazione.
“Oggi abbiamo voluto riportare l’accento sull’impresa come valore. Come centro di dignità. Come cambio di paradigma sociale e culturale. L’impresa genera lavoro, genera ricchezza, genera sviluppo. Qui in Sicilia l’impresa deve tornare al centro – ha detto il presidente di Confindustria Sicilia, Alessandro Albanese – . Perché l’azienda sia e resti un valore occorre una rete di condizioni. La prima: l’abbattimento delle barriere burocratiche. Dieci anni per un’autorizzazione è un record da terzo mondo. La seconda: l’abbattimento delle barriere geografiche. Il ponte sullo Stretto. L’alta velocità. Le strade. Gli hub. La pandemia ha insegnato all’umanità che si possono annullare tutte le distanze e l’Italia. È inaccettabile che non si possa sopperire la marginalità geografica della Sicilia. La terza: l’abbattimento delle barriere ideologiche. Basta con questo pregiudizio anti-imprenditoriale. Ogni mattina in Sicilia un imprenditore si alza e deve cominciare la sua corsa a ostacoli“.
“Ho troppo rispetto delle istituzioni e non sta a Confindustria commentare la partita del Colle”. Lo ha detto Carlo Bonomi, presidente di Confidustria, a margine del convegno “L’impresa di valore” ospitato nello stabilimento Omer di Carini, in provincia di Palermo rispondendo ai giornalisti sulla futura elezione del presidente della Repubblica.
“Mettere un ulteriore miliardo su uno strumento che non sta funzionando è sbagliato, è uno strumento che costa quasi nove miliardi di euro l’anno. Credo che quelle risorse potrebbero essere utilizzato nel contrasto alla povertà in una maniera più efficiente in una maniera che tenga insieme anche altri strumenti come l’assegno unico, la revisione dei redditi. Il reddito di cittadinanza è un fallimento totale sulle politiche attive del lavoro, l’abbiamo sempre denunciato e i fatti purtroppo ci danno ragione”. Lo ha detto Carlo Bonomi, che ha aggiunto: “mettere ulteriori 4 miliardi di euro sui centri pubblici per l’impiego che sono stati sempre un fallimento è un ulteriore errore e non è quella la strada. Io credo che bisognerebbe mettersi ad un tavolo a ragionare in maniera seria del mondo del lavoro”.
“Peccato che il governatore Musumeci non sia qui perché gli avrei voluto dire che bisogna avere il coraggio di cambiare strada sulla Cts”, ovvero la Commissione specialistica delle autorizzazioni ambientali.
“Spiace constatare come i politici partecipino ai nostri convegni ma non restano mai fino alla fine per loro inderogabili impegni. Sarebbe stata una buona occasione di confronto e ascolto con il mondo del lavoro”.
“Il nostro auspicio era che la manovra fosse inizio di un percorso per rispondere a quelle categorie che nelle crisi soffrono ancora di più: giovani, donne e lavoratori a tempo determinato. Ma devo constatare che su queste tre categorie gli interventi sono minimi se non irrisori, sono interventi che non guardano alla crescita. L’ho definita la battaglia delle bandierine dei partiti”.
Intel in Piemonte o in Sicilia? “Meglio in Italia. Prima la portiamo a casa e poi decidiamo dove”, ha aggiunto Bonomi a Carini.
“Sono passati quattro anni e ancora non sono stati nominati i commissari delle Zes. Per fortuna che il decreto diceva che erano urgenti. Diamo atto al ministro Carfagna che sta lavorando per sbloccare la situazione ma bisogna farlo urgentemente”, ha proseguito Bonomi.
E a proposito di rilancio e di ZES: “Intesa Sanpaolo conferma e rinnova il proprio impegno per sostenere il tessuto economico siciliano. Attraverso Motore Italia, il programma strategico nazionale che mette a disposizione delle imprese dell’isola oltre 1 miliardo di nuovo credito, consentiamo alle Pmi di superare la fase di difficoltà causata dalla crisi pandemica e rilanciarsi attraverso progetti di sviluppo e crescita” spiega Giuseppe Nargi, Direttore Regionale Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo.
“Inoltre, grazie al nuovo accordo nazionale tra Intesa Sanpaolo e Confindustria, che prevede una liquidità per le imprese italiane di 150 miliardi di euro per promuovere l’evoluzione del sistema produttivo in coerenza con il PNRR, abbiamo consolidato la collaborazione più che decennale tra il nostro Gruppo e Confindustria. Un impulso importante all’economia meridionale, e in particolare a quella siciliana, può arrivare dalla valorizzazione delle Zone economiche speciali. Sin dal principio abbiamo partecipato attivamente alla promozione delle Zes del Mezzogiorno, dedicando un plafond di 1,5 miliardi agli insediamenti produttivi e alle opere di adeguamento infrastrutturale di queste aree. Inoltre, il nostro Gruppo ha sottoscritto un accordo con il FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti) che prevede 330 milioni di euro per nuovi finanziamenti a tassi agevolati destinati a micro, piccole e medie imprese del Mezzogiorno. Di questi 330 milioni, 100 sono destinati proprio alle Zes”.
Gli fa eco, il presidente di Confindustria Catania, Antonello Biriaco: “La variabile fondamentale della crescita – ha affermato – è la capacità di attirare investimenti. In questo contesto, per la Sicilia, come per la nostra area metropolitana, sarà cruciale la realizzazione della Zona economica speciale che potrà dare slancio non solo all’economia del mare ma anche alla rigenerazione urbana della città, con importanti effetti a cascata su tutte le filiere economiche. Nell’area industriale di Catania abbiamo già quantificato investimenti privati per circa un miliardo e mezzo di euro. Le imprese sono quindi pronte a fare la propria parte. Alla governance politica chiediamo però di mettere in campo un drastico processo di semplificazione amministrativa che assicuri certezze e fiducia agli investitori”.
Così pure il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona: “Dobbiamo cogliere le opportunità che adesso abbiamo davanti con i finanziamenti del Pnrr per non perdere l’occasione di imprimere una svolta alla nostra economia. Le nostre imprese avvertono la necessità di una politica industriale frutto di una concertazione tra il governo regionale e quello nazionale e le parti sociali per affrontare una volta per tutte i ritardi. Le imprese del polo industriale siracusano sono in grado di affrontare le sfide epocali dell’innovazione e della transizione energetica con investimenti di circa 3 miliardi di euro ma devono essere accompagnate da un contesto favorevole. I temi delle infrastrutture materiali e immateriali e dell’energia sono imprescindibili per vincere la scommessa della crescita; ma nel contempo occorre incoraggiare nuove iniziative imprenditoriali “sostenibili” anche nel settore turistico che diversifichino il nostro tessuto produttivo cosi come occorre una revisione delle norme che finora ne hanno ostacolato la realizzazione”.
“Gli imprenditori – ha detto il presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno – hanno ben chiaro che il valore dell’impresa non è dato solo dai numeri, ma è molto di più. Il valore è dato dalle persone che ci lavorano, dall’impegno, dal coraggio di rischiare e mettersi in gioco, dal bagaglio di conoscenze, dalle idee innovative che rendono un’impresa unica e competitiva. Purtroppo però questo valore non viene spesso riconosciuto dalle istituzioni e le imprese si trovano costrette a fare i conti con una burocrazia autoreferenziale, penalizzante e avulsa da qualsiasi idea di reale progresso”.
“Il grande valore del Pnrr è fare quelle riforme che il nostro Paese aspetta da 25 anni, qui si gioca la vera partita del Paese: il rischio è che queste risorse vengano utilizzate per finanziare quelle opere che sono già state cantierate o che dovevano essere già realizzate”. Così il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, a Carini.
“Credo che lo sciopero generale sia un problema per l’Italia, in una diatriba tra una parte del sindacato e il governo chi viene penalizzato è il mondo del lavoro e delle imprese. Mi sembra che sia proprio una strada sbagliata. Credo che gli italiani chiedano altro, di confrontarsi seriamente sul mondo del lavoro che si sta trasformando, come sempre c’è qualcuno che scenderà in piazza e gli imprenditori andranno in fabbrica per mandare avanti l’Italia come sempre”. Così il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, rispondendo ai cronisti a margine del convegno a Carini.
Nel suo intervento al convegno degli industriali siciliani, a Carini (Pa), Bonomi ha aggiunto: “La dichiarazione di sciopero generale ci costringe, purtroppo, a prendere atto, con grande amarezza, del fatto che solo una parte del sindacato ha accolto l’appello a un confronto concreto”, “un dialogo mirato alla convergenza sulle priorità vere per rimettere l’Italia su un sentiero pluriennale di crescita solida e per garantire finalmente risposte efficaci alle vittime di ogni crisi italiana: giovani, donne, poveri e titolari di contratti a tempo determinato”. “Mentre il più del sindacato sembra deciso a seguire un’altra strada – ha continuato – noi crediamo che questo sia invece il tempo di far prevalere una grande senso di responsabilità nazionale, che travalichi le identità di parte per realizzare gli interessi del Paese. È con questa visione di bene comune che Confindustria aveva proposto di concentrare più risorse possibili sul solo taglio del cuneo fiscale, con la massimizzazione degli effetti: in termini di maggior reddito disponibile per i lavoratori, di una loro maggiore occupabilità, e insieme di miglioramento delle ragioni competitive dell’impresa stessa con una positiva ricaduta proprio sul lavoro”.
“Così come avremmo voluto confrontarci sulla possibilità di aggiornare i protocolli di sicurezza sanitaria, di istituire nelle imprese commissioni paritetiche per prevenire a monte gli incidenti suoi luoghi di lavoro, di promuovere una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive per renderli efficienti. Insieme – ha proseguito – Per questo guardiamo allo sciopero generale di Cgil e UIL con tanta amarezza. Eravamo e restiamo convinti che il sindacato conosca bene ingiustizie e freni che continuano a gravare sul nostro Paese, così come sul lavoro e sull’impresa, generando bassa occupazione e bassi redditi, inadeguata formazione del capitale umano e deficit assoluto di politiche efficaci per accrescere occupabilità e rioccupabilità”.