Scoppia la bufera sul pool antimafia di Palermo degli anni ’90. In quella stagione di lotta a Cosa Nostra, secondo la Procura di Caltanissetta, anche i magistrati furono coinvolti in operazioni di insabbiamento e, di conseguenza, di favoreggiamento a Cosa Nostra.
L’ex pm del pool antimafia di Palermo Gioacchino Natoli è, adesso, indagato dalla Procura di Caltanissetta per i reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia e ha ricevuto un invito a comparire per essere interrogato. Le accuse gli vengono mosse nell’ambito di un filone dell’inchiesta mafia-appalti, svolta nel capoluogo siciliano agli inizi degli anni ’90. Secondo una delle ipotesi proprio questa vicenda sarebbe il vero movente della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. A Natoli i Pm contestano di aver insabbiato l’indagine avviata dalla procura di Massa Carrara e confluita nel procedimento mafia-appalti per favorire esponenti mafiosi come l’imprenditore palermitano Antonino Bonura.
Natoli avrebbe agito in concorso con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Nell’invito a comparire Giammanco viene definito dai pm nisseni l'”istigatore”. Secondo l’accusa l’ex pm avrebbe aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) ad eludere le indagini.
In particolare al magistrato viene contestato di aver svolto, nell’ambito del procedimento giunto a Palermo dopo l’invio delle carte da Massa Carrara su presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, una “indagine apparente”, “richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini” e di aver disposto, “d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione’ di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamento’, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio”.
Natoli inoltre non avrebbe aperto alcuna indagine nei confronti dell’imprenditore Luciano Laghi e dell’imprenditore Claudio Scarafia, “sebbene i due fossero risultati a completa disposizione di Bonura e dei suoi familiari” e avrebbe chiesto l’archiviazione del procedimento “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla Procura della Repubblica di Massa Carrara”. Infine, per Caltanissetta, ” per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”. I reati sarebbero stati commessi con l’aggravante di aver agito al fine di favorire l’associazione mafiosa ” con riferimento agli interessi della stessa nel settore dell’aggiudicazione degli appalti (operazione gestita unitamente al mondo imprenditoriale e a quello della politica)”.
Non ci sta il Pm Natoli che si difende immediatamente “Sono stato e sono un uomo delle istituzioni e ho piena fiducia nella giustizia. Darò senz’altro il mio contributo nell’accertamento della verità” dice il magistrato all’Ansa. Una dichiarazione secca ma significativa