Giovanni Brusca ha lasciato dopo 25 anni il carcere di Rebibbia. Ha scontato tutta la pena che gli era stata inflitta. Una scarcerazione che arriva a pochi giorni dalle commemorazioni del 29esimo anniversario della Strage di Capaci, e che appare come un pugno nello stomaco ai familiari delle vittime di mafia.
Una notizia che ha riaperto la ferita mai rimarginata nel cuore di Tina Martinez Montinaro, la vedova di Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone, morto a Capaci insieme ai suoi colleghi Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Antonio Montinaro aveva appena 29 anni, ed era padre di due figli in tenerissima età.
Tina, come una vera leonessa, dal 1992 si batte per conoscere la verità sulla strage ed ottenere giustizia, ed oggi, non può fare a meno di commentare, con amarezza, la scarcerazione di Brusca. In questi anni Tina ha incontrato migliaia di giovani e studenti, girando le scuole d’Italia, per portare loro un messaggio che sia da sprone allo scegliere da che parte stare, ovvero dalla parte della legalità.
“Brusca è un uomo libero – dice Tina – e questo fa veramente male. Ce lo aspettavamo perché si parla della sua scarcerazione da tempo ed ora è accaduto. Per noi è stata una mazzata, è chiaro”.
Prosegue Tina: “Giovanni Brusca è fuori dal carcere perché ha collaborato ma noi, ancora oggi, non sappiano la verità. Non abbiamo mai chiesto vendetta ma giustizia. E questa giustizia oggi sembra non arrivare da nessuna parte”.
Cosa è accaduto dopo la Strage di Capaci per Tina e gli altri familiari? Non si sono mai arresi.
“La mia vita è cambiata radicalmente – racconta Tina -, perché quella bomba di Capaci è entrata in casa mia, e noi ne portiamo i segni addosso. Noi siamo orgogliosi di quel giovane Antonio Montinaro, perché è morto con una dignità che poche persone hanno, consapevole di quello che poteva accadere e non tirandosi mai indietro. Come moglie continuo a mantenere quel giuramento che mio marito ha fatto alla Polizia di Stato, e quindi vado in tutte le scuole d’Italia, parlo a tanti giovani, ma oggi sembra tutto un po’ più difficile.
Come fai a dire a un ragazzo ‘devi stare dalla parte dello Stato’ se oggi questa è la risposta dello Stato?
Noi non faremo un solo passo indietro, intendo io come moglie del poliziotto Montinaro e tutta la Polizia di Stato.
Noi abbiamo sempre fatto il nostro dovere, e continueremo a farlo, proprio parlando sempre ai giovani affinché ci sia un cambiamento, perché ci crediamo. Però penso che certe leggi debbano essere modificate”.
Per Tina la scarcerazione di Brusca è in netta contraddizione con l’impegno dei familiari delle vittime di mafia che negli anni hanno incitato la società civile al cambiamento parlando di memoria e legalità.
“Noi vorremmo – tuona – uno Stato più accanto a noi, più presente. Oggi ci sentiamo dire che Brusca ha collaborato, però noi, in questa Italia, tante verità ancora non le conosciamo.
Quello che mi dispiace è che tutta l’Italia si indigna a casa propria. La Sicilia intera dovrebbe scendere in piazza, perché Brusca non ha rovinato solo la mia famiglia ma la Sicilia intera. Come familiari continuiamo a lottare facendo capire ai giovani che c’è uno Stato, che c’è una giustizia. Questa giustizia che a me, ancora oggi, non è arrivata. Pochi giorni fa, per l’anniversario della Strage di Capaci, c’era il mondo intero a Palermo, però oggi mi sta vicino solo la Polizia di Stato e la prima telefonata di stamattina è arrivata dal Capo della Polizia. Quando sono entrata in caserma ho avuto proprio l’abbraccio di tutti i poliziotti, perché loro sanno che cosa significa. Sanno che cosa è significato arrestare Giovanni Brusca”.
Una scarcerazione che appare dunque come uno schiaffo alla memoria. “Io sono 29 anni – continua Tina – che ricevo schiaffi in pieno viso e comunque continuo ad andare avanti, perché io non farò mai un passo indietro, io continuerò a dire ai ragazzi che devono stare dalla parte giusta e che devono fare delle scelte”.
Brusca è stato coinvolto anche nel sequestro e nell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo.
“Sono persone che hanno sciolto nell’acido un bambino – commenta Tina con grande tristezza – di che cosa vogliamo parlare? Come si possono qualificare persone che hanno fatto delle azioni così atroci?
Non si può dire ‘ah, però ha collaborato’. Allora fatemi sapere chi ha realmente voluto la Strage di Capaci.
Conosciamo solo gli esecutori, vorremmo sapere chi sono i mandanti”.
Oggi Tina Montinaro è assai afflitta ma non abbattuta, non è da lei arrendersi. Cosa pensa delle istituzioni, oggi?
“In questo giorno – conclude – non ho nulla da dire alle istituzioni, perché le istituzioni sanno bene come stanno le cose, penso che la scarcerazione sia una scelta ben ponderata perché se ne parla da più di un anno, quindi le istituzioni sapevano quello che stavano facendo. E’ chiaro che una scarcerazione di questo tipo mette in discussione tutto il lavoro che è stato fatto da tutte le forze dell’ordine e dalla polizia stessa che piange tantissimi morti per colpa di Brusca e di quelli come lui.
Solo noi familiari delle vittime di mafia sappiamo cosa significa questa scarcerazione.
Molti non possono capire il dolore mio e dei miei figli.
Palermo e la Sicilia intera dovrebbero dire chiaramente che non gli sta bene, perché le vittime delle stragi hanno dato la possibilità alle nuove generazioni di camminare a testa alta, e non può finire così.
Il passato non può e non deve essere dimenticato, perché le nostre carni bruciano ancora”.
Sulla scarcerazione di Brusca interviene anche il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci con una nota: “Sapere che Brusca è, oggi, uomo libero lascia senza parole. La Legge è legge, si dirà. Ma se una norma è palesemente sbagliata va cambiata. Magari non potrà più servire per Brusca ma servirà almeno ad evitare un altro caso simile. Di fronte agli “sconti” concessi a chi ha ordinato oltre cento omicidi, sia comunque serratissima la vigilanza. Per scongiurare che la libertà barattata possa, Dio non voglia, fornirgli anche la più remota possibilità di tornare ad essere il mostro che è stato”.