Brusca libero resta socialmente pericoloso. Per questo motivo è stata disposta la sorveglianza speciale.
L’ex boss pentito è libero dal 31 maggio dell’anno scorso, dopo aver scontato 25 anni di carcere. Giovanni Brusca, il capomafia che azionò il telecomando della strage di Capaci e poi decise l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, è considerato uno dei collaboratori di giustizia più attendibili per il contributo offerto a svelare i segreti di Cosa nostra.
Ma resta “socialmente pericoloso”, è la valutazione del questore di Palermo Leopoldo Laricchia, che è stata accolta dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo: i giudici hanno stabilito che a Giovanni Brusca debba essere riattivata la sorveglianza speciale che aveva dai tempi in cui era un mafioso conclamato.
Brusca, 64 anni, due anni fa aveva chiesto la scarcerazione ma la Cassazione disse di no. Era il 19 ottobre del 2019, quando i giudici con l’ermellino bocciarono la richiesta dei legali del killer di Giovanni Falcone e del mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe che voleva usufruire degli arresti domiciliari.
La Cassazione aveva respinto l’istanza dei legali per ottenere gli arresti domiciliari. La procura generale della Corte di Cassazione aveva chiesto, con una requisitoria scritta, ai giudici della prima sezione penale di rigettare il ricorso dell’ex boss di Cosa Nostra contro la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma.
I legali di Brusca, infatti, avevano chiamato in causa la Cassazione, perché decidesse in merito alla sentenza del tribunale che, nel marzo 2019, aveva respinto l’istanza del mafioso per la detenzione domiciliare. In 25 anni di carcere Brusca ha ottenuto oltre 80 permessi premi.
Brusco dopo 25 anni, lo scorso 31 maggio aveva lasciato il carcee per fine pena fedelissimo del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, prima di diventare un collaboratore di giustizia ammettendo, tra l’altro,il suo ruolo nella strage di Capaci, il 23 maggio del 1992, nella quale morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, e nell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo.
Aveva lasciato il penitenziario di Rebibbia, a Roma, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza della condanna. Sarà sottoposto a controlli e protezione e a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d’Appello di Milano. La notizia ha trovato conferma in ambienti investigativi.