Sette articoli e senza particolari sorprese. Neanche 48 ore dal vertice di maggioranza che ha deciso, in silenzio, di riprovare il blitz per la riforma delle province e la legge è pronta. E’ arrivata in sordina in commissione ma non contiene nulla di nuovo rispetto alla norma già accantonata quasi un anno fa. Probabilmente per farla funzionare sul fronte normativo occorrerà inventarsi qualcosa in corso d’opera.
La norma, naturalmente, torna ad introdurre l’elezione diretta da parte dei cittadini. Per evitare polemiche inutili, poi, sono previste da subito le quote rosa in modo analogo a quanto previsto nella riforma delle autonomie locali che già qualche problema in aula e fuori dal Parlamento lo ha avuto.
La composizione dei Consigli provinciali è quella già prevista nella bozza di un anno fa ovvero 25 consiglieri nei Liberi consorzi di Comuni con popolazione fino a 400.000 abitanti, 30 in quelli con una popolazione maggiore oppure, nelle città metropolitane, 35 consiglieri fino ad un milione di abitanti e 40 oltre il milione. Il sistema elettorale è quello che già si usava fino ad undici anni fa per eleggere le province con una sola modifica: la previsione di almeno un terzo di donne.
Per quanto riguarda consiglieri, assessori e presidenti il compenso è parametrato come quelli recentemente modificati per gli enti locali. insomma Gli eletti guadagneranno come i loro omologhi nei comuni in funzione della popolazione amministrata.
Per blindare politicamente il testo si è dato vita ad una proposta che porta la firma di tutti i capigruppo dei partiti della maggioranza anche se non è affatto detto che questo basti ad evitare dissensi interni. Tutt’altro a giudicare dalle prime reazioni.
Se approvata questa legge prevede elezioni in primavera e già si parla del prossimo giugno 2025. Resta da capire come saranno superati i problemi normativi legati all’esigenza della legge Delrio a livello nazionale ed eventuali probabili ricorsi costituzionali