In base alla ricerca “bevande analcoliche: immagine, valore, tradizione e significato” di Euromedia Research realizzata per Assobibe, nel 2023, il 78% degli italiani considera cole, aranciate, toniche, chinotti, gassose, spume, cedrate e thè freddi espressione della tradizione italiana e in grado di valorizzare il made in Italy nel mondo. Con 5 mld di euro di valore di mercato e un peso pari allo 0,29% del PIL, l’industria delle bevande analcoliche in Italia può contare su 100 stabilimenti nel Paese, tra multinazionali e piccole e medie imprese, che danno lavoro a 84 mila addetti, mentre le esportazioni raggiungono i 421 mln di euro. Visto l’indotto generato, non sorprende che 9 italiani su 10 ritengano importante la presenza delle imprese del settore delle bevande analcoliche sul territorio per il contributo che danno allo sviluppo economico locale e all’occupazione.
I consumi di bevande analcoliche in Italia
Un legame, quello fra gli italiani e i soft drink, particolarmente forte. Non a caso, per l’85% degli intervistati la pausa relax e i momenti di festa e convivialità sono accompagnati da una bibita. Quanto ai consumi, 8 italiani su 10 bevono bibite solo occasionalmente e in misura di 1-2 bicchieri. Sempre più persone si stanno orientando verso le proposte senza zucchero, caffeina o teina e, infatti, oltre 7 italiani su 10 sono soddisfatti dell’offerta sul mercato delle bevande “zero” che, secondo il 64,4% degli intervistati, hanno contribuito a un consumo maggiormente consapevole rispetto all’apporto calorico.
Commercio e industria di bevande analcoliche: l’andamento degli ultimi anni
Sui prezzi delle bevande pesano in questi ultimi anni i costi delle materie prime, decisamente più alti dal 2022 per via di inflazione, rincari e uno scenario economico globale instabile. Si pensi che solo lo zucchero è arrivato a costare circa +50%. Tutto ciò si è tradotto in prezzi finali più alti che hanno contribuito al rallentamento dei consumi (-7% nella prima parte del 2023). In considerazione dell’importanza del mercato delle bevande analcoliche, siamo andati ad analizzare, con l’ausilio degli strumenti messi a disposizione da Cribis, l’andamento di tre comparti: commercio al dettaglio di bevande (dove si concentrano 4872 aziende considerate, ovvero il 72,15% del totale), commercio all’ingrosso di bevande non alcoliche (1533 imprese corrispondenti al 22,70% del totale) e industria delle bibite analcoliche, delle acque minerali e di altre acque in bottiglia (348 realtà, ovvero il 5,15% del totale). Una delle prime evidenze emerse è che le aziende del settore delle bevande analcoliche sono decisamente in crescita.
Fatturato e numero di addetti del settore
Il fatturato è aumentato costantemente negli ultimi anni: 146.808.331 euro nel 2020, 809.813.874 nel 2021 e 583.669.605 nel 2022. Allo stesso modo, cresce il numero degli addetti impiegati nei tre segmenti presi in esame: 252 nel 2021, 646 nel 2022 e 556 nel 2023. Dati che confermano il positivo impatto del settore delle bevande analcoliche sull’occupazione.
Bevande analcoliche: commercio in gran parte gestito da imprese individuali
Le aziende che si occupano di commercio e produzione di bevande analcoliche sono nella maggioranza dei casi realtà costituite sotto la forma giuridica di Impresa individuale (51,2%), meno comuni le Società di capitali (31,6%) e le Società di persone (16,6%).
Distribuzione delle aziende: il 9,4% in Sicilia
Considerando la distribuzione, la Campania è decisamente la regione con la maggiore densità di imprese del comparto, con il 14,9% di presenza locale. Seguono la Lombardia (13,1%), il Lazio (10%), la Sicilia (9.4%) e il Veneto (8,2%). La dimensione e il legame con il territorio fa sì che solo l’1,9% delle realtà considerate presenti un alto score di internazionalizzazione. Il livello, invece, basso nel 67% dei casi. Anche a livello di digitalizzazione, la transizione pare essere ancora all’inizio, tant’è vero che la digital attitude è alta per il 4,2% delle aziende e bassa per il 77.3%. Un dato che trova conferma in una modesta propensione all’innovazione: alta solo per l’1,9% delle imprese, mentre è bassa per il 41,4% e medio bassa per 33,1%.
Le sfide del futuro fra Sugar Tax e Plastic Tax
Il settore delle bevande analcoliche si trova ora in un momento di grande fermento. La legge di bilancio 2024 ha posticipato al 1° luglio 2024 la decorrenza delle cosiddette plastic tax e della sugar tax istituite dalla legge di bilancio 2020. La prima prevede l’applicazione di un’imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego destinati al contenimento di prodotti alimentari, come nel caso delle bottiglie di plastica in cui vengono in genere commercializzati i soft drink. Sono esclusi dalla tassazione i manufatti compostabili. Le aziende del comparto sono dunque spinte ad attrezzarsi con packaging riutilizzabili o in materiali non plastici se voglio evitare l’imposta. Per Sugar Tax, invece, si intende l’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. L’applicazione di Plastic Tax e Sugar Tax andrà inevitabilmente a pesare sui conti delle aziende produttrici, ma va detto che è pur vero che oggi il contenimento del consumo di zucchero e la riduzione dell’utilizzo di plastica sono due aspetti che non devono e non possono essere presi sottogamba per la portata sulla salute e sull’ambiente che hanno.
Il futuro sarà in mano a chi riuscirà a cogliere le opportunità in quelle che nel presente sembrano essere solo delle sfide.
Fonte: Cribis
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