La digos della questura di Palermo indaga su una serie di scritte, striscioni e cartelloni apparsi nella sede dei beni confiscati in via Vann’Antò a Palermo. Le scritte sono state affisse dai sindacalisti dell’Asia Usb che stanno protestando contro la gestione delle abitazioni confiscate.
“Una gestione privatistica di un ente pubblico che amministra patrimonio della collettività non è tollerabile – dicono i sindacalisti -. Gli immobili, abbandonati e che sono stati occupati da più di 10 anni da famiglie con diritto ad un assegnazione, inserite in graduatorie che non scorrono mai, li definisce ‘cespiti’, asset aziendali, e ne rivendica la riappropriazione tramite sgombero coatto. Questo è accaduto a Uditore, in corso Pisani, a Partanna Mondello e in centinaia di immobili di proprietà dell’agenzia nazionale”.
I sindacalisti chiedono un incontro che coinvolga il Comune, la prefettura e le parti sociali per la risoluzione della controversia. “Lo diciamo chiaramente – aggiunge l’associazione di categoria -. Da questa situazione non ne usciamo con uno sgombero, ma necessitiamo di percorsi di sanatoria e assegnazione di case popolari. Fino ad allora una tale gestione dei beni della collettività ci farà ripresentare ancora le dinamiche che si sono presentate con il caso Saguto – aggiungono i sindacati -. Adesso è il momento di scegliere quale antimafia vogliamo per questa città. Una parassitaria e speculare alla borghesia mafiosa o una che punti allo sviluppo di questa società palermitana”.
Nei giorni scorsi erra in programma un incontro in prefettura ma secondo i sindacati “l’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati si è sottratta”. Appuntamento che era stato fissato al 4 settembre ma che quindi alla fine non ha prodotto alcun contraddittorio. Quell’incontro era stato convocato in seguito proprio alle ordinanze di sgombero che nell’ultimo anno si sono susseguite colpendo centinaia di famiglie.