Barbieri, parrucchieri e centri estetici non sanno ancora se e quando potranno riaprire.
E mentre si lavora alla Fase 2, per far ripartire il Paese, dopo l’emergenza Coronavirus, arriva, accorato, dalla Sicilia, il loro appello per tornare a lavorare. Questo chiedono: alzare nuovamente le saracinesche delle loro attività per riuscire a portare a casa lo stipendio per vivere.
Nel video-appello che vi proponiamo, questi professionisti del settore bellezza e benessere, annunciano l’intenzione di riaprire il 4 maggio, “con o senza nuovo decreto di Conte”.
Un intento comune, dettato, dicono, dalla disperazione e dal non sapere più come riuscire a mantenere le proprie famiglie.
Il loro futuro, purtroppo, è davvero a tinte fosche. La riapertura delle loro attività potrebbe slittare ancora, perché come ha evidenziato il Comitato tecnico-scientifico, in occasione della Cabina di regia Stato-Regioni di ieri, quella di barbieri e parrucchieri è ritenuta categoria ad alto rischio di contagio perché non è possibile mantenere la distanza di sicurezza con i clienti.
La categoria non ci sta. E mentre gli aiuti dello Stato sono insufficienti – la maggior parte di loro è ancora in attesa del bonus di 600 euro – barbieri e parrucchieri lanciano un appello ai governi nazionale e regionale chiedendo sostegno e denunciando che nonostante il blocco delle attività, barbieri e parrucchieri che lavorano in nero, e a domicilio, hanno continuato a offrire le proprie prestazioni ai clienti aumentando il rischio di contagio.
Giosuè Neri, parrucchiere di Palermo con un negozio perfettamente in regola spiega: “Noi a casa e gli sciacalli abusivi continuano a lavorare. Vedo ogni giorno, anche sui social, gente coi i capelli tagliati o la barba appena fatta. Noi abbiamo sempre lavorato rispettando tutte le normative di igiene e sicurezza.
Torneremo a lavorare facendo la sanificazione dei locali, utilizzando visiera, mascherina, guanti, prodotti igienizzanti, sterilizzatore degli attrezzi, mantelline e rasoi monouso, etc.”.
Le difficoltà per il settore sono tante. Caterina Marullo, parrucchiera di Porto Empedocle spiega: “Ho un salone chiuso da quasi due mesi. Lei, signor Conte, non intende farci aprire ma noi dal 4 maggio riapriremo lo stesso. Abbiamo scadenze da rispettare. Con le 600 euro del suo bonus io ci pago soltanto la luce del mio salone. E per il resto, come faccio?”.
Un altro parrucchiere spiega: “Io ho tre figli da mantenere, giorno 4 maggio sono costretto a riaprire“. Gli fa eco un collega: “Conte – dice – non siamo più le vostre marionette, io riaprirò con o senza nuovo decreto”.
E ancora: “Siamo stanchi delle vostre prese in giro. Non vogliamo le 600 euro ma chiediamo di poter tornare al lavoro. Sappiamo come rispettare tutte le normative di igiene e sicurezza sia per i nostri clienti che per noi, non vogliamo certo portarci il virus a casa. Intanto voi continuate a perdere tempo”.
Qualcuno è anche molto arrabbiato: “Caro Conte, lo Stato non ci ha tolto affitti e utenze da pagare. Ci avete lasciato in una tremenda situazione. Siamo al collasso, vi dovete vergognare. Abbiamo chiuso i negozi perché era giusto farlo rimanendo a casa. Adesso basta, siamo sul lastrico e i nostri debiti aumentano. Con o senza permesso del Governo noi riapriremo. Siamo pronti a scendere in piazza, a scatenare una vera e propria rivolta”.
“Il Governo – dice un altro parrucchiere – è irresponsabile e non sta facendo niente per noi. Io ho quattro figli da mantenere, le 600 euro non mi sono ancora arrivate. Non ce la faccio più. Io il 4 maggio riaprirò la mia attività”.
Paolo Caruso, parrucchiere di Villafrati, paese dichiarato ‘zona rossa’ commenta: “Carissimo governo regionale e nazionale siamo stufi di sentire chiacchiere, previsioni e numeri. Abbiamo tutto pronto per sanificare, mascherine, etc. Vogliamo andare a lavorare. Noi siamo all’esasperazione. Non ce la facciamo più, io devo mantenere la mia famiglia, cosa faccio con 600 euro?”.
E ancora, Giuseppe Lo Presti dichiara: “Sono stanco di non essere tutelato. Il Governo non ha fatto niente per le nostre famiglie. Dobbiamo riaprire necessariamente”.
Domenico Catanzaro che vive e lavora a Palermo non esita a parlare del suo disagio: “Sono quasi due mesi che non lavoro. Ho contratto debiti con il padrone di casa al quale non sono riuscito a pagare l’affitto. I miei risparmi stanno finendo. Il 4 maggio riaprirò la mia parrucchieria e se sarà il caso scenderò in piazza insieme ai miei colleghi. Dobbiamo farlo per i nostri figli”.
Anche le associazioni di categoria stanno facendo sentire la propria voce.
Gino Sanfilippo, presidente degli Acconciatori di Confartigianato Imprese Palermo ha dichiarato: “In tanti lavorano presso il domicilio dei clienti o ricevono in casa la vecchia clientela. Questo atteggiamento non solo danneggia la figura professionale di noi operatori del settore benessere che, nel rispetto delle regole per evitare il contagio del Covid-19, abbiamo abbassato le nostre saracinesche, ma contravviene anche a tutte le leggi dello Stato e mette a rischio la salute pubblica. Questo atteggiamento non è tollerabile. Sono tantissime le segnalazioni che arrivano alla nostra categoria. Servono quindi più controlli per mettere un freno e una maggiore presa di coscienza. La parola d’ordine, per gli “Acconciatori”, adesso è “rispetto”. Rispetto per la salute e rispetto per chi lavora in regola”
“La corretta applicazione delle norme di contrasto al Covid da parte di categorie artigiane quali barbieri e parrucchieri ha portato, soprattutto per quest’ultima categoria, un doppio danno dovuto all’interruzione dell’attività commerciale e dalla contemporanea attività di abusivi che in spregio delle norme di igiene e sicurezza operano a domicilio.
Facciamo appello ai cittadini perché non usufruiscano di questi servizi che sono prima di tutto pericolosi per loro stessi e auspichiamo che comunque nel frattempo tutte le categorie artigiane possano trovare adeguate forme di sostegno economico per i danni che stanno subendo”.
Lo hanno dichiarato qualche giorno fa con una nota congiunta il sindaco, Leoluca Orlando e l’assessore alle Attività Economiche, Leopoldo Piampiano, con riferimento alla crisi che stanno attraversando, tra le altre, le categoria dei barbieri e dei parrucchieri.
La VI commissione consiliare ha anche incontrato i vertici di Confesercenti per affrontare le problematiche del settore legate all’emergenza economica causata dal COVID-19.
Definire un protocollo di sicurezza per consentire non più tardi del 3 maggio la riapertura delle attività di parrucchieria, barberia, estetica, nails e di tutte le altre attività concernenti i servizi più strettamente collegati alla cura ed al benessere della persona.
La richiesta è contenuta in una lettera inviata il 18 aprile al presidente della Regione Nello Musumeci e firmata dal direttore regionale di Confesercenti Sicilia Michele Sorbera e dal presidente dell’area Immagine e Benessere, Nunzio Reina.
“Come comparto Immagine e Benessere di Confesercenti Sicilia – si legge nel documento – abbiamo condiviso e accettato tutte le misure per contrastare la minaccia del coronavirus, con grande senso di responsabilità e rispetto, poiché la salute pubblica rappresenta un bene primario ed irrinunciabile per tutti. (…) Ora, dopo oltre un mese di chiusura, chiediamo come rappresentanti delle migliaia di aziende ed operatori del settore che operano in Sicilia – si legge ancora nella lettera – di riaprire prima possibile queste attività e che, comunque, il lockdown non vada per l’intero comparto, come qualcuno suggerisce, oltre il 3 maggio prossimo”.
Nel documento, i dirigenti di Confesercenti sottolineano anche l’attività di controllo e denuncia svolta dall’associazione e l’importanza di redigere un protocollo di sicurezza. “È evidente – scrivono – che la riapertura, previa sanificazione delle strutture, debba avvenire sulla base di precise misure precauzionali (formazione e informazione del personale, ricevimento per appuntamento, contingentamento delle presenze, utilizzo di mascherine, guanti, visiere protettive, igienizzante all’ingresso, igienizzazione delle postazioni di lavoro dopo ogni servizio, ecc). Per questo nel manifestare la nostra disponibilità ad ogni forma di collaborazione con i suoi Uffici anche per definire un Protocollo di sicurezza su cui comunque stiamo lavorando, confidiamo che la nostra richiesta possa essere da Lei positivamente riscontrata”.