Sono tempi duri per gli enti locali siciliani schiacciati ogni giorno dai debiti accumulati e costretti a dare vita al piano di riequilibrio. L’ultima “vittima” di questa debacle finanziaria è Balestrate, nel palermitano, dove il consiglio comunale è dovuto correre ai ripari per approvare una manovra che sia in grado di ripianare questa esposizione finanziaria. Una sorta di azione che mira essenzialmente ad evitare la dichiarazione di pre- dissesto o dissesto finanziario.
Una scelta quasi obbligata per il Comune balestratese alla luce di quanto emerge oggi. La ragioneria dell’ente ha evidenziato una situazione finanziaria estremamente pericolosa. A venire fuori la costante esposizione debitoria con i frequenti ricorsi all’anticipazione di tesoreria (prestiti dalla banca da restituire con interessi, ndr), circa 3,3 milioni di euro di debiti fuori bilancio tra quelli già riconosciuti e quelli che ancora devono esserlo; dal rendiconto 2020 salta fuori anche un disavanzo da un milione e mezzo di euro. Senza dimenticare che già dal 2015 il Comune paga ogni anno 83 mila euro per ripianare il disavanzo che all’epoca fu approvato da altri 2,5 milioni di euro.
Il consiglio comunale ha quindi approvato il piano di riequilibrio che anzitutto mette in congelatore tutte le procedure esecutive che sono state avanzate dai creditori. Entro i prossimi 90 giorni dovrà essere stabilita la manovra per il “salvataggio” finanziario dell’ente sempre dal consiglio comunale. Toccherà comunque alla prossima assise che si insedierà dal momento che a Balestrate si va al voto il prossimo 12 giugno.
Palermo ha seguito un po’ la stessa strada, approvando questa manovra che, almeno per il momento, evita la dichiarazione di dissesto. Ma sono piovute polemiche da ogni parte perchè chiaramente una cosa del genere comporta enormi sacrifici ed inevitabilmente anche un aumento degli introiti e quindi dei tributi. La Confcommercio era stata tra le pi critiche sostenendo che “il Comune di Palermo non andrà in dissesto ma andranno in dissesto le imprese e le famiglie, che già da anni si sobbarcano il peso di un’economia fragile e le conseguenze della pandemia, e che per i prossimi 20 anni pagheranno le tasse più alte d’Italia in cambio dei servizi al cittadino peggiori”.