Leoluca Bagarella, il boss mafioso corleonese, dal regime carcerario del 41bis, chiedeva notizie del libro dedicato alla ricostruzione dell’omicidio di Antonino Burrafato, un volume scritto quasi venti anni fa da Vincenzo Bonadonna e Totò Burrafato, il figlio del maresciallo della guardia penitenziaria uccisa a Termini Imerese, il 29 giugno di quaranta anni fa. Per quell’omicidio, Bagarella è stato condannato all’ergastolo.
Il retroscena è stato svelato da Lirio Abbate (direttore del settimanale L’Espresso) durante il dibattito per il 40mo anniversario della morte di Burrafato, evento che si è svolto ieri sera a Termini Imerese.
Bagarella e la sorella Ninetta a confronto, il racconto di Lirio Abbate
Ecco cosa ha raccontato Abbate: “Mi sono caduti gli occhi su una trascrizione di un colloquio tra Leoluca Bagarella e Ninetta Bagarella, sua sorella e moglie di Salvatore Riina. Alla sorella chiedeva di fare una cosa, di trovare e leggere un libro”. Si trattava del saggio “Antonino Burrafato, un delitto dimenticato”, scritto a quattro mani da Vincenzo Bonadonna e Totò Burrafato. “Bagarella – ricorda sempre il direttore dell’Espresso -chiedeva di leggere il libro che è stato fatto sul poliziotto. Devi leggere questo libro, insisteva con la sorella, perché mi interessa se lo vai a vedere che dice, perché sarebbe interessante”.
Come faceva il boss a sapere di quel libro inchiesta?
Abbate si chiede come sia stato possibile che Bagarella, recluso al 41 bis, abbia avuto notizie di quel libro. Un dato è sicuro, spiega il direttore dell’Espresso: “già venti anni fa Leoluca Bagarella sapeva che esisteva questo libro ed era curioso di leggerlo o comunque di farlo leggere alla sorella, di riportargli delle cose. Il boss fa un chiaro riferimento all’omicidio Burrafato”.
“Naturalmente è una trascrizione finita negli atti di un processo dimenticato – continua il giornalista – e sono disposto a elargire quel documento proprio per fare comprendere che se Leoluca Bagarella ha ordinato l’omicidio di un agente di polizia penitenziaria, non lo ha fatto soltanto per capriccio, ma perché comunque era una cosa che gli serviva fare. Se tanti anni dopo si interessa per capire cosa c’è scritto in un libro su quell’omicidio, significa che è ancora più interessante, ed è ancora una persona attiva che controlla certe cose”.
Infine, si chiede Abbate, “sarebbe curioso capire chi ha fatto sapere a Bagarella che c’era quel libro in circolazione”.
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