La terribile baby gang Palermitana si organizzava su whatsapp per preparare le sue violente aggressioni. Ad essere scoperti dalla polizia diversi gruppi creati nella chat che venivano chiamati nei modi più disparati ed emblematici allo stesso modo. Uno “41 bis”, un altro “Spaccio droga”. All’interno messaggi abbastanza eloquenti come quelli di procurare delle cazzottiere: “Dobbiamo scannare a quattro”. Nuovi particolari agghiaccianti che emergono da un articolo de “La Repubblica” sull’operazione della squadra mobile della questura di Palermo di ieri che ha portato a 15 indagati, la maggior parte minorenni. Sono ritenuti gli autori del pestaggio violento di via Candelai a Palermo lo scorso 4 dicembre. Vittime 4 ventenni.
La violenza sul filo del web
Whatsapp era quindi il veicolo usato dai ragazzini di questa baby gang per preparare le loro notti di folle e insensata violenza. Si organizzava anche l’utilizzo di specifiche “attrezzature” per far male. Bastoni, cazzottiere o qualsiasi altro corpo contundente. Cinque dei 15 indagati si trovano reclusi in istituti per minorenni. La posizione di altri 10 è al vaglio dell’autorità giudiziaria. Ora gli atti verranno esaminati sotto il profilo della pubblica sicurezza per valutare l’emissione di ulteriori provvedimenti inibitori previsti dalla legge. A questa ricostruzione si è arrivati perché uno dei componenti del gruppo durante quel raid perse il telefono. Gli agenti lo hanno esaminato e scoperto gli inquietanti dialoghi.
Le identificazioni grazie anche alle vittime
Gli autori del violento pestaggio sono stati identificati anche grazie alle foto fatte dagli aggrediti, dall’analisi dei cellulari, dai tabulati telefonici e dai profili social dei componenti della banda. Sono state, inoltre, eseguite perquisizioni e sequestri di apparati radiomobili a carico di altri 8 minorenni, indagati per il medesimo reato, ma non destinatari di un provvedimento restrittivo.
La vittima “Situazione è diventata invivibile”
Ieri ha parlato una delle vittime di quel pestaggio di via Candelai. E’ finito in ospedale con la prognosi di 40 giorni e ha dovuto subire un intervento chirurgico al volto e un mese di ricovero in ospedale. “Ho deciso di raccontare quanto è successo perché voglio testimoniare che la situazione nella nostra città è diventata invivibile – ha detto –. Lo prendo come servizio alla mia comunità per divulgare quanto avviene nella nostra città e quello che vivono i palermitani ogni giorno. A me è rimasto il trauma anche psicologico. Se ho qualche preoccupazione a percorrere i vicoli della mia città è colpa anche di quanto mi è successo”.
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