Un momento di confronto importante sul tema dell’edilizia in Sicilia si è tenuto al Tar di Palermo. Su temi delicati quali l’autonomia e le varie interpretazioni e applicazioni delle norme si sono ritrovati i vertici delle istituzioni che hanno un ruolo significativo nella gestione del territorio e nel dirimere le varie controversie su temi delicati che riguardano migliaia di cittadini. All’incontro erano presenti il presidente del Tar Sicilia Salvatore Veneziano, Dario Greco, presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo, Giovanni Immordino, presidente associazione avvocati amministrativisti della Sicilia, il professore Salvatore Raimondi, Giuseppe La Greca, consigliere di Stato, Selima Giorgia Giuliano, soprintendente ai Beni culturali di Palermo, Emanuele Ravaglioli, sostituto procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Palermo , Vittorio Fiasconaro, avvocato, Edoardo Nigra, componente direttivo camera amministrativa siciliana.
“E’ stato importante il confronto tra la soprintendente, la magistratura amministrativa, la magistratura ordinaria e gli avvocati – dicono i legali che hanno organizzato l’incontro – Ancora una volta il clima di grande incertezza in questa materia finisce per dar ragione a quanti considerano insormontabile ostacolo all’investimento, anche in Sicilia, gli appesantimenti burocratici e la complessità del sistema giurisdizionale italiano non sempre raccordati (corte conti, Tar, giudice ordinario civile e penale) sulla medesima fattispecie con la conseguenza di provvedimenti giurisdizionali ed esiti spesso contrastanti tra loro ed in ogni caso tali da non consentire la tempestiva individuazione di una sicura “regula” per il caso concreto, con grave vulnus non solo per il singolo interessato, esposto ad una estenuante serie giudiziaria, ma anche per il conseguente disorientamento sul piano generale preventivo e della tassatività”.
“Noi avvocati siamo chiamati a fare da “cerniera”, interprete e guida di quello che appare spesso un ginepraio inestricabile di interpretazione di norme non sempre chiare e di agevole ricostruzione, orientamenti giurisprudenziali spesso contrastanti all’interno della medesima giurisdizione e tra le varie giurisdizioni che convergono sulla medesima fattispecie, lungaggini e guazzabugli burocratici. In materia edilizia l’ambito legislativo esclusivo riconosciuto alla regione siciliana è stato oggetto di una serie di rivisitazioni specie da parte della Corte Costituzionale tale da comportare un vero corto circuito.
Il pensiero va per esempio alla ben nota querelle sulla portata del recepimento del cd terzo condono di cui alla l. N. 326/2003. – aggiungo i legali – Mentre il giudice penale ha sempre ritenuto che anche in Sicilia il predetto condono non potesse trovare alcuna applicazione nelle zone sottoposte a vincoli di carattere relativo, sul piano prettamente amministrativo si sono susseguite dapprima una serie di circolari assessoriali recanti una volta interpretazioni restrittive l’altra interpretazioni poi avallate dallo stesso Giudice amministrativo secondo cui il recepimento in Sicilia doveva innestarsi sulle disposizioni regionali vigenti con conseguente possibilità di applicazione anche in presenza di vincoli solo relativi, con l’aberrante situazione di quanti risultavano condannati per abusivismo in sede penale nonostante il conseguimento del titolo edilizio.
L’intervento normativo con il quale il legislatore regionale aveva inteso conseguire una volta e per tutte l’interpretazione autentica di cui all’art. 1 comma 1 della l.r. 19/2021 è stato dichiarato incostituzionale con la decisione n. 252/2022, determinando una ulteriore criticità nel sistema tenuto conto anche della insostenibile disparità di trattamento tra quanti per avventura o fortuna abbiano nelle more conseguito il titolo in sanatoria e quanti invece sono rimasti “fuori” pur avendo conseguito nel tempo tutti i NN.OO. Occorrenti.
Ben venga dunque il confronto per addivenire a coordinate sicure di riferimento senza le quali il presidio di legalità e tutela rappresentato dall’opera dell’avvocatura in fase consultiva e giudiziaria risulta ostacolato, con conseguente perdita di credibilità dell’intero sistema”.