“Non sono stati mai attuati gli articoli relativi all’autonomia finanziaria. Quelle norme avrebbero dovute essere la spina dorsale dello Statuto. Per capirci, se fossero stati pienamente attuati, la Regione siciliana potrebbe contare su molte entrate in più e avrebbe potuto realizzare da sola le infrastrutture necessarie”. Lo sostiene l’ex Ministro Enrico La Loggia, in occasione del 78mo anniversario dello Statuto Siciliano. Fu proprio il nonno di La Loggia a scrivere l’articolo 38 dello Statuto siciliano, una delle norme mai applicate.
Quell’articolo dello Statuto non lascia dubbi: “Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell’ esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto alla media nazionale”.
Statuto, grande opportunità od occasione perduta?
Emanato il 15 maggio del 1946, lo Statuto siciliano è una grande opportunità o un’occasione perduta? Nonostante la mancata applicazione di alcuni dei punti principali, quell’atto, promulgato con Regio Decreto prima della Carta costituzionale, resta ancora un cardine della nostra convivenza. E l’Autonomia differenziata – tiene a precisare La Loggia – non deve essere vissuta con sospetto: “Non mi spaventa l’autonomia differenziata, spiega La Loggia, ma a quel progetto va aggiunto un concetto fondamentale, il federalismo deve essere solidale. D’altronde, era anche nella previsione dei Padri costituenti che alle regioni venisse concessa una notevole autonomia”.
La storia dell’Autonomia siciliana
L’autonomia siciliana è quella particolare forma di governo della Regione Siciliana, disciplinata dalla legge costituzionale n. 2 del 16 febbraio 1948 (lo “statuto speciale”), a norma dell’articolo 116 della Costituzione italiana, che l’ha dotata di un’ampia autonomia legislativa, amministrativa e fiscale.
L’autonomismo fu un modo per svuotare il separatismo, guidato dal Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, che all’indomani dello sbarco alleato del luglio 1943 era uscito dalla clandestinità in cui era stato sotto il periodo fascista, chiedendo l’affrancamento della Sicilia dallo Stato Italiano, e che ebbe nel 1945 anche un’organizzazione paramilitare, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia (EVIS) guidato da Antonio Canepa.
Padri dell’Autonomia possono essere considerati i politici siciliani che lottarono per la concessione di una particolare forma di autogoverno, come Salvatore Aldisio, Giuseppe Alessi, Giovanni Guarino Amella ed Enrico La Loggia.
Lo statuto speciale siciliano fu quindi originato da un accordo di origine “pattizia” fra lo Stato Italiano e la Sicilia, rappresentata dalla Consulta regionale siciliana, costituita nel 1945, in cui erano rappresentate le categorie, i partiti e i ceti produttivi dell’isola, organo che materialmente formulò lo Statuto, emanato con regio decreto da Re Umberto II il 15 maggio 1946 (quindi precedente alla Costituzione della Repubblica italiana), e diede vita alla Regione Siciliana prima ancora della nascita della Repubblica Italiana, prima fra le 5 regioni a statuto speciale.
L’Assemblea Costituente ha poi recepito per intero lo statuto autonomistico, approvando la legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948. La storia politica di settant’anni di autonomia speciale in Sicilia, e dei suoi governi, ha vissuto momenti di vivacità, che hanno portato a definire la politica siciliana una sorta di “laboratorio politico”.
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