Ritardi, disservizi e sofferenza per i più piccoli. Nell’incertezza e nell’inefficienza degli adulti, nella storia che ci hanno raccontato Giuseppe Adelfio e Teresa Paoniti, a pagare il prezzo più alto sono sempre i bambini. Giuseppe e Teresa sono i genitori di due bambini autistici con disabilità gravi, e hanno voluto condividere la loro estenuante battaglia per ottenere i supporti necessari per i loro figli. Un percorso segnato da ostacoli burocratici, interminabili attese, qualche conquista ma soprattutto tante risposte inadeguate da parte delle istituzioni.

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L’inizio di un percorso tortuoso

Nel 2023 Adelfio presenta domanda all’Ufficio H per la legge 328/2000, che prevede interventi di assistenza domiciliare e servizi di supporto per le famiglie con disabilità gravi. Dopo mesi di attesa, viene finalmente attivato un servizio di terapia domiciliare con il Centro Aias di via Paruta.

Nel frattempo, la diagnosi della figlia rimane incerta: inizialmente classificata con un generico “disturbo dello spettro autistico”, solo grazie a un ricovero di 28 giorni presso l’Oasi Maria Santissima di Troina la bambina riceve la conferma di un autismo di livello 3, smentendo le precedenti valutazioni ricevute dagli specialisti dell’Asp di Palermo.

Liste d’attesa infinite

Dopo otto mesi di attesa, il 2 aprile 2024 Adelfio viene convocato per la Commissione UVM (Unità di Valutazione Multidimensionale) presso l’Aiuto Materno, ma l’iter viene bloccato per la mancanza di un documento – il Piano Individualizzato – che nessuno gli aveva mai richiesto di portare. Da quel momento inizia un lungo periodo di silenzi e mancate risposte da parte delle istituzioni.

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Quando finalmente, il 24 ottobre 2024, la famiglia viene riconvocata per la Commissione UVM ma un ritardo di appena 20 minuti dovuto al malessere della piccola durante il viaggio mette a rischio la valutazione. Dopo un acceso confronto con gli operatori sanitari, la visita viene comunque effettuata, ma la risposta è sempre la stessa: “Bisogna aspettare i fondi”.

Il supposto della stampa e dei social media

Di fronte ai continui rinvii e alla mancanza di soluzioni, Giuseppe Adelfio decide di rendere pubblica la sua storia, iniziando a pubblicare video sui social per denunciare le difficoltà incontrate. In pochi giorni, i suoi appelli ottengono un grande seguito e, nel gennaio 2025, grazie alla pressione mediatica, le ore dell’operatore per l’autonomia scolastica della figlia vengono finalmente raddoppiate, passando da 6 a 12.

La battagli di papà Adelfio

Nel marzo 2025, dopo quasi due anni di attesa, i supporti previsti dalla legge 328/2000 vengono finalmente attivati, ma l’iter giudiziario avviato dall’avvocato della famiglia porta a un risarcimento di 2.000 euro per i ritardi subiti. Tuttavia, Adelfio si dice perplesso: “Io non ho mai chiesto un risarcimento, volevo solo che i miei figli ricevessero il supporto necessario”.

L’avvocato gli chiede di non pubblicare più nulla sui social per evitare che il Comune faccia ricorso e blocchi il rimborso, ma Adelfio decide comunque di rendere pubbliche le registrazioni delle conversazioni avute con gli enti coinvolti, per mostrare le difficoltà che le famiglie come la sua devono affrontare quotidianamente.

L’appello di Giuseppe

“Quanti altri genitori devono affrontare questo calvario per vedere riconosciuti i diritti dei propri figli? – si chiede Giuseppe Adelfio – Non tutti hanno la possibilità economica di ricorrere a cure private o di portare avanti una battaglia legale. Spero che la mia storia possa aiutare altre famiglie e sensibilizzare le istituzioni a garantire un sistema più efficiente per i bambini con disabilità”.

Adelfio ha voluto coinvolgere anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella attraverso una lettera, sperando che la sua denuncia possa portare a un cambiamento reale. “I bambini sono il futuro del nostro paese – conclude – e hanno diritto a un’assistenza adeguata, senza dover lottare contro un sistema che sembra fatto per ostacolare invece che per aiutare. Spero che le massime cariche istituzionali possano darci un reale supporto”.