Fratelli d’Italia sospende Mimmo Russo, ex consigliere comunale di Palermo ed esponente di Fratelli d’Italia, arrestato oggi per voto di scambio e corruzione.
In una nota, Antonio Rini, presidente cittadino del partito sottolinea: “Girolamo Russo, da tempo semplice iscritto di Fratelli d’Italia senza più alcun ruolo nelle istituzioni, è stato immediatamente sospeso da Fratelli d’Italia. Avrà l’occasione di difendersi nelle aule di giustizia, ma le accuse lo rendono incompatibile con Fratelli d’Italia”.
“Ci sono numerosi aspetti più che torbidi nell’ultima indagine della Dda di Palermo che mettono in evidenza come, ancora una volta, ci sia una forte commistione tra soggetti politici, esponenti mafiosi e imprenditori legati alla massoneria. Ancora una volta la magistratura arriva prima della politica che deve imporsi delle regole certe e impedire questo intrallazzismo legato alla compravendita di voti, scendendo a patti con la criminalità organizzata”. Lo dichiara il deputato Anthony Barbagallo, componente della commissione nazionale Antimafia e segretario regionale del Pd Sicilia, a proposito dell’ultima inchiesta della Dda di Palermo che ha portato all’arresto, tra gli altri, dell’ex consigliere comunale di Palermo, Mimmo Russo.
“La vicenda che ha portato all’arresto di Mimmo Russo è la conferma di quello che dicevamo durante la manifestazione del 23 maggio scorso: a Palermo e in Sicilia i voti sono piccioli, che tradotto vuol dire soldi. Siamo naturalmente in attesa che le indagini facciano il loro corso. Ma la spregiudicatezza con la quale sarebbero stati gestiti i pacchetti di voti, attraverso la dinamica del voto di scambio clientelare, da parte di Russo, noto esponente dell’estrema destra palermitana, dà anche la conferma dei legami e degli interessi tra mafia, neofascismo e massoneria. La domanda che ci poniamo è: quanti Mimmo Russo ci sono in giro a Palermo? Quanti sul malaffare costruiscono le loro fortune politiche? Dai consigli comunali, all’Ars, al Parlamento nazionale ed europeo, la politica siciliana, e certo sindacato autonomo, dovrebbero guardarsi dentro”. A dichiararlo sono il segretario generale della Cgil Palermo Mario Ridulfo e il responsabile dipartimento Legalità Cgil Palermo Rosario Rappa, a proposito dell’arresto del sindacalista Cisal (ex Ugl) ed ex consigliere comunale Mimmo Russo.
“Un modello di scambio e di rapporto consolidato e malato, l’intreccio tra mafia e politica, che constatiamo anche nel proliferare in città di finti Caf e Patronati, sorti in ogni angolo di quartiere, per recuperare voti e consensi attraverso il bisogno delle persone – aggiungono Ridulfo e Rappa – Purtroppo una pratica molto diffusa che coinvolge politici di schieramenti diversi, che usano impropriamente il sistema Caf per lucrare sul bisogno e guadagnare voti”.
In carcere è stato portato Mimmo Russo, ex consigliere comunale ed esponente di Fratelli d’Italia. Insieme all’esponente di Fdi sono indagati Gregorio Marchese, definito dal gip la “costola” del politico e figlio dello storico killer della famiglia mafiosa di Corso dei Mille, Filippo Marchese, e il consulente d’azienda Achille Andò. Per entrambi, accusati a vario titolo di corruzione ed estorsione, sono stati disposti i domiciliari.
Il provvedimento restrittivo scaturisce dalle indagini condotte dal nucleo Investigativo dei carabinieri di Palermo, nel periodo dal 2020 al 2023, che hanno consentito di acquisire un grave quadro indiziario, sostanzialmente accolto nella suindicata ordinanza cautelare, in ordine al rapporto di reciproca convenienza esistente tra un sindacalista, amministratore locale del comune metropolitano, in carica sino al giugno del 2022, ed esponenti di “cosa nostra” palermitana.
Dalle investigazioni è emersa l’esistenza di un comitato di interessi, del quale faceva parte anche un faccendiere appartenente alla massoneria, impegnato nella costruzione di un centro commerciale nel capoluogo siciliano.
In tale contesto, l’esponente politico: si è adoperato in favore dell’approvazione di una variante al Piano Regolatore cittadino, tesa a modificare da “verde agricolo” ad “area commerciale” la destinazione dei terreni sui quali avrebbe dovuto sorgere la struttura;
avrebbe ottenuto – come contro partita – un cospicuo numero di assunzioni nel costruendo centro commerciale, da promettere a soggetti legati alla criminalità organizzata, in cambio del sostegno elettorale dell’organizzazione mafiosa.
L’indagine avrebbe svelato le pesanti ingerenze che l’uomo politico esercitava nei confronti della società che gestisce l’ippodromo di Palermo, condizionandone l’operato affinché si piegasse al volere dei suoi referenti mafiosi e concorrendo con questi ultimi nella commissione di estorsioni aggravate, ai danni di liberi professionisti che avevano svolto incarichi per conto di quella realtà economico-sportiva e che sono stati costretti, con la minaccia, a rinunciare, in tutto o in parte, al loro compenso.
L’inchiesta, infine, ha ricostruito la promessa ottenuta dal politico di un pacchetto di assunzioni in una società che si occupa della grande distribuzione alimentare, in cambio di agevolazioni presso gli uffici del comune di Palermo e di un incarico di sottogoverno da attribuire a un rappresentante della medesima società commerciale.