Nel corso dell’operazione Cupola 2 è stato arrestato chi ha avuto il compito di rimettere in piedi la nuova cupola a Palermo. Settimo Mineo, il capo di Cosa Nostra a Pagliarelli.
Ottant’anni e una lunga militanza in Cosa nostra fanno di Mineo un personaggio carismatico. Di lui per la prima volta aveva parlato Tommaso Buscetta. Mineo era un grande nemico di Stefano Bontade, il principe di Villagrazia, ed era scampato all’agguato che costò al vita ai fratelli.
Poi nel 2006, il boss finì in carcere assieme al suo padrino, Nino Rotolo, nei giorni del blitz Gotha. Mineo è stato l’ambasciatore nei rapporti con le altre famiglie mafiose: Corso dei Mille, Bolognetta e Partanna Mondello.
Controllava gli affari e gli appalti illeciti e dei contatti con la mafia americana. E in America nelle scorse settimane Mineo era pronto a tornare. Gli era stato pure rilasciato il passaporto.
Settimo Mineo rischioò di essere ucciso nel 1982, nell’agguato in cui morì il fratello Giuseppe, un altro fratello – Antonino – era stato assassinato sei mesi prima, davanti alla gioielleria di famiglia.
Fu arrestato, chiamato in causa dalle dichiarazioni del primo pentito di mafia, Leonardo Vitale, all’inizio degli anni Settanta; poi, Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno aggiunsero altre rivelazioni e Mineo venne condannato al primo maxi a 7 anni, ridotti in appello a 5 anni e 4 mesi.
Il boss di Pagliarelli è stato riarrestato, dalla squadra mobile, nel 2006 e ha scontato un’altra condanna, a 11 anni. Ma non ha mai avuto un cedimento in carcere.
Uscito dal carcere Mineo ha assunto il ruolo di gran mediatore, di garante per tutte le famiglie. I carabinieri lo hanno seguito mentre tesseva la sua rete di alleanze per ottenere il più ampio consenso.
Il vecchio boss non utilizzava telefonini, e camminava molto a piedi, era lui che andava a trovare i mafiosi delle altre famiglie, un modo per evitare rischiosi summit.
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