“Patrimonio nel degrado e restauratori in grande affanno”. Nella Sicilia ricca di beni culturali accade anche questo: il 26,4%, cioè un quarto di quella che è l’intera risorsa nazionale, versa nel totale abbandono. La CNA denuncia assenza di manutenzione e conservazione e inadeguate politiche di valorizzazione e fruizione.
“Il mancato stanziamento di fondi e l’assenza di una moderna e puntuale programmazione dei lavori di restauro da parte del competente Assessorato regionale – spiega il presidente regionale del comparto Artistico e Tradizionale, Angelo Scalzo – costituiscono sicuramente la causa principale di questo grave stato di cose, che non è più tollerabile”. E il grido d’allarme è indirizzato al neo assessore al ramo, Sebastiano Tusa.
“In Sicilia, noi, restauratori, – spiega l’imprenditrice Giovanna Comes – abbiamo registrato un calo notevole delle commesse, le cui cause vanno ricercate in parte nella crisi economica generale, ma soprattutto nella ristrettezza dei canali di finanziamento dell’Assessorato ai Beni Culturali, sia interni che europei”.
“La stessa abolizione delle Province – aggiunge il presidente Scalzo – ha tolto ulteriori finanziamenti al settore, cosi come i capitoli di spesa per il restauro della Protezione Civile, per non parlare dei Comuni alle prese costantemente con l’emergenza finanziaria. Anche i proventi dell’Otto per mille della Chiesa Cattolica italiana, destinati alle Diocesi siciliane, annualmente risultano insufficienti per soddisfare le esigenze di restauro e manutenzione dell’immenso e pregevole patrimonio culturale di loro proprietà”.
“Nonostante i dati 2016-2017 della fruizione dei siti che, ricordiamo, sono ben 111 e dei musei regionali che segnano un aumento sostanziale di visitatori e di incassi, non abbiamo – rileva il segretario regionale di categoria, Luigi Giacalone – alcun segnale da parte dell’Assessorato, nè dagli organi periferici, come le Soprintendenze, di un cambiamento di rotta per quanto riguarda i finanziamenti interni ed i capitoli di spesa dedicati alla voce restauro. Questa indifferenza – evidenzia ancora Giacalone – rappresenta evidentemente una macroscopica contraddizione. Bisogna arrivare, da subito, ad una svolta introducendo in maniera convinta per il territorio siciliano l’attuazione dei Parchi Territoriali dei Beni Culturali, anche per innescare un importante circuito virtuoso, con una parte dei proventi, derivanti dalle visite, da destinare alla valorizzazione e alla fruizione di questo straordinario patrimonio”.
“Anche perché in Sicilia – ricorda il segretario regionale della Cna, Piero Giglione – disponiamo di un ampio e qualificato parco di Imprese Artigiane e PMI, in materia di restauro e conservazione dei Beni Culturali, che godono di provata competenza e professionale, sia culturale che imprenditoriale, in grado di rispondere alle esigenze del caso. Ma, ahimè, la scarsa sensibilità Istituzionale non favorisce questo processo. E a complicare la situazione ci pensa anche una legislazione, nei diversi livelli, incompleta e carente dei decreti attuativi. L’ultimo intervento legislativo, il Codice degli Appalti, – precisa Giglione – rischia di affossare definitivamente non solo uno dei punti di snodo di un nuovo volano di sviluppo turistico ed economico, ma anche le stesse ragioni di un sistema imprenditoriale di riferimento che rischia di essere cancellato o fortemente compromesso”.
“Alla luce di tutte queste criticità individuate – conclude il presidente della Cna Sicilia, Nello Battiato – chiederemo, nell’immediato, un momento di incontro e di confronto con il nuovo assessore regionale e con il dirigente generale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana per sensibilizzarli ad intervenire con azioni concrete”.
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