Antonello Tonna, uno dei superstiti della “Costa Concordia”, ha raccontato a Talk Sicilia il naufragio della nave da crociera, avvenuto esattamente dieci anni fa. Tonna è un apprezzato pianista con tanti anni di carriera sulle spalle. Gran parte della sua vita l’ha trascorsa allietando con le sue note le notti dei passeggeri ospiti sulle navi da crociera. L’intervista integrale è disponibile online sulla pagina facebook di Blogsicilia.
Quella sera, quando la Costa Concordia si squarciò sbattendo sugli scogli dell’isola del Giglio, Tonna aveva appena smesso di suonare. “Ero salito a bordo da pochi giorni –ricorda il pianista – avevo suonato nella Hall del ponte 3 sino alle 21.30”. Una piccola pausa, quattro chiacchiere con i colleghi, per poi ricominciare a suonare. “Sono salito sopra al quinto ponte, poi dopo qualche minuto abbiamo sentito uno schianto fortissimo. Un rumore di acciaio che si distruggeva”. Erano le 21,45. La Costa Concordia, impegnata nella manovra dell’inchino, si schiantava contro gli scogli di fronte all’isola toscana del Giglio. Il destino della nave da crociera e di 32 persone era segnato. La nave stava per inclinarsi e affondare. Tonna ricorda con minuziosa precisione quei minuti e le sensazioni provate. “In un primo momento ho pensato a un guasto meccanico. Pensavo che quel rumore metallico fosse dovuto a una panne della sala macchina. Eravamo tutti sbalorditi”.
La consapevolezza della tragedia incombente cresce col passare dei minuti. “La nave iniziava ad inclinarsi. Con altri miei colleghi abbiamo deciso di scendere nuovamente sul ponte 3. Abbiamo dovuto formare una catena umana per attraversare la nave, tenendoci per mano. Siamo arrivati di fronte alla balconata. Lungo il ponte esterno si erano formati dei gruppi di persone”. Eppure in quei momenti gli alert parlavano solo di un blackout e invitano tutti alla calma. Dopo mezz’ora la “narrativa” cambia. “Erano passati tre quarti d’ora dal momento dell’impatto e abbiamo sentito i sette fischi lunghi, seguito da quello più breve: il segnale dell’allarme a bordo”.
I passeggeri si riversano sui ponti esterni della nave per cercare di salire a bordo della scialuppe di salvataggio. “Avevamo attraversato la nave ormai al buio –ricorda Tonna – ed eravamo giunti sul ponte 3. Eravamo nella zona della nave che stava immergendosi. I passeggeri erano sul ponte superiore. Noi eravamo a circa cinque metri d’altezza dal pelo dell’acqua. La nave si inclinava sempre di più ed era facile scivolare”.
Tonna si rende conto che la nave si trova a un paio di centinaia di metri dalla costa. “Ero a braccetto con il mio collega ed amico Giuseppe Girolamo. La gente cominciava a gettarsi a mare. Poi la nave si è piegata ancora e l’ho fatto anche io. Giuseppe, invece è rimasto a bordo. Il suo corpo verrà recuperato a bordo della nave un paio di mesi dopo. Rimasto a bordo della nave, il musicista originario di Alberobello in Puglia, cederà il suo posto a bordo della scialuppa di salvataggio a una madre con i suoi due figli. Giuseppe è rimasto a bordo in attesa che il suo destino si compia. Antonello Tonna, invece, ancora con i vestiti di scena, sta nuotando tra le onde. La salvezza è a vista d’occhio.
“Non è stato facile raggiunger lo scoglio. Prima ho visto una zattera ma non sono riuscito a salire sopra. Poi è passata una scialuppa, ma i cavi mi stavano trascinando giù, m’ero impigliato. Così ho deciso di nuotare fino a quello scoglio”. In quei momenti, a Tonna torna in mente la cosa che più gli è cara: la musica. “Mentre nuotavo lentamente, mi è tornato in mente l’ultimo brano che avevo eseguito, la Rapsodia in Blue di George Gershwin”. Le note di quel classico senza tempo scandiscono le bracciate che separano Tonna dalla salvezza. “Quando sono arrivato sugli scogli eravamo in tanti e ci siamo abbracciati. La gente dell’isola del Giglio ci ha raggiunto per offrire il primo aiuto. Poi ci hanno scortato in paese attraverso un sentiero di campagna. Qualcuno è stato accolto in una scuola, altri come me sono andati in un albergo stagionale, aperto in fretta e furia per fare fronte all’emergenza.
Quella tragedia ha lasciato il segno, diventando fonte d’ispirazione per il musicista siciliano. Facciamo un passo indietro. Prima del naufragio, Tonna aveva improvvisato un duetto con una passeggera misteriosa. La donna aveva chiesto di poter cantare alcune canzoni accompagnata al piano dal maestro siciliano. “Di solito non lo faccio mai- spiega l’artista – per evitare l’effetto karoake. Ma quella donna aveva un fascino magnetico e una classe innata. Di lei, conoscevo solo il nome. Era bravissima si è esibita con classici di George Benson e con pezzi di bossa nova brasiliana. Il pubblico era entusiasta e lei, chiaramente, era una grande professionista”.
Tonna e la donna sconosciuta avrebbero dovuto ricominciare a suonare e cantare. “Di quella donna, conoscevo solo il nome, Justine”. “Qualche mese dopo ricevo una telefonata a casa. Era Justine. Mi aveva rintracciato per raccontarmi di un brano che aveva scritto sul naufragio. Sono andato in Olanda e abbiamo fatto insieme questa canzone per ricordare la tragedia. “Il tempo si è fermato”, è il titolo della canzone composta da Antonello Tonna e da Justine che finalmente ha un’identità precisa. Il nome completo è Justine Pelmelay, una singer olandese famosissima nel suo paese.