Anche in Sicilia l’inaugurazione dell’Anno giudiziario nelle Corti d’appello è caratterizzata dalla protesta dei magistrati contro la riforma della Giustizia. Sono stati forti i richiami alla Costituzione: a Palermo i magistrati sono entrati nell’aula magna con un mano una sua copia, mentre il presidente della Corte d’appello, Matteo Frasca, parlava con alle spalle una gigantografia di Giovanni Falcone.

“La memoria di Giovanni Falcone merita rispetto. Se davvero si vuole rendergli omaggio basta praticare come regola di condotta il suo incrollabile senso dello Stato per il quale ha rispettato sempre le istituzioni e coloro che le rappresentavano, anche nei momenti di maggiore amarezza: una lezione etica e di stile di cui oggi si avverte particolarmente la necessità”.

E poi punta dritto sulla riforma della Giustizia: ‘”La separazione delle carriere è la punta di un iceberg – ha accusato Frasca – la cui parte sommersa e forse più preoccupante” . Un allarme condiviso dal presidente della Corte d’appello di Catania, Filippo Pennisi, che ha parlato di riforma “inutile, dannosa e anche pericolosa”. Ma in Sicilia resta alto anche l’allarme criminalità, con la mafia che si insabbia, punta sui colletti bianchi per gli appalti pubblici, e in particolare quelli del Pnrr, coinvolge sempre più le donne degli affiliati negli affari illeciti e usa la microcriminalità per rafforzare il proprio potere. Così a Palermo, ha segnalato la Pg Lia Sava, operano spacciatori di droga e di crack già a 10 anni e minorenni che assistono all’attività di spaccio dei loro familiari. Un allarme che è condiviso dalla magistratura a Catania che continua a segnalarsi, ricorda il presidente Pennisi, come uno dei territori italiani più esposti alla “devianza minorile, che matura in contesti altamente degradati e spesso controllati dalla criminalità organizzata, per di più con un apparato amministrativo assai carente in termini di servizi di prevenzione e accompagnamento pedagogico”.

Una devianza che è “prevalentemente connessa a situazioni di svantaggio socio-economico, alla disgregazione dei nuclei familiari e all’arretratezza di determinate aree, in cui le organizzazioni criminali esercitano un vero e proprio predominio culturale” ed è collegata “ai dati dell’abbandono scolastico”. Una via di uscita è offerta con il progetto ‘Liberi di scegliere’ del Tribunale per i minorenni etneo. Da un record negativo a un altro in Sicilia: a Gela, denuncia il Pg di Caltanissetta Fabio D’Anna, “c’è un’ elevatissima propensione alla violenza” e la criminalità organizzata di questo territorio è senza dubbio una di quelle con maggiore disponibilità di micidiali armi da guerra, anzi in relazione al numero di residenti è forse la più ‘armata’ d’Italia”.

Morosini, magistrati accusati di non ‘aiutare’ il governo

I magistrati si sono trovati di fronte a una campagna con la quale sono stati accusati di non “aiutare” il governo. Inoltre è stata progettata una riforma della giustizia che mira a modificare gli equilibri tra politica e magistratura. Prima di rispondere alle critiche Piergiorgio Morosini, presidente del tribunale di Palermo, è intervenuto all’inaugurazione dell’anno giudiziario intanto per rivendicare rispetto (parola chiave scelta dall’enciclopedia Treccani) e poi per richiedere che il confronto sui temi della giustizia non sia orientato verso lo “scontro ma verso il dialogo”. Nel merito Morosini ha osservato: “È confortante ascoltare esponenti del governo sostenere che l’azione di contrasto alla mafia sia una priorità per il Paese. Tuttavia, al di là delle perplessità sugli effetti in chiave antimafia delle recenti riforme su custodia cautelare e intercettazioni, forse dovremmo ricordare che un ingrediente fondamentale delle azioni di contrasto è la piena legittimazione e la piena credibilità della magistratura”.

De Lucia, riforma porta Pm sotto il controllo dell’esecutivo

“L’autonomia del pubblico ministero separata dalla giurisdizione non può essere, semplicemente non può essere in natura. Perché un organo di circa 2000 magistrati, indipendente da altri che non da stessi, è una cosa che in nessuna democrazia esiste e che nessuno di noi vorrebbe. E quindi è ineludibile il passaggio successivo: il pm sottoposto al controllo dell’esecutivo. Ma attenzione: la scelta del pubblico ministero indipendente da ogni altro potere, politico in particolare – fatta dal nostro costituente nel ’48 -, non vuol dire soltanto una modifica sul tema dell’indipendenza che porterebbe un pm che protegge gli amici e che si dimentica dei nemici; ma l’esatto contrario: un pubblico ministro la cui scelta può essere orientata dal potere politico verso il nemico”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia, intervenendo alla cerimonia dell’anno giudiziario nell’aula magna della Corte di appello di Palermo. “Questa è la ragione per cui – ha proseguito – il pubblico ministero deve essere quanto più possibile lontano dagli indirizzi di maggioranza del corpo elettorale. L’autonomia che si conserva soltanto all’interno di un ordine giudiziario complesso nel quale la magistratura giudicante e quella requirente rimangono unite dal punto di vista ordinamentale. Mentre è già nei fatti e nella legge la separazione funzionale che – ha concluso – noi oggi già abbiamo. Andare oltre su questo piano non sarebbe un buon servizio per i cittadini e per la Repubblica”.

Melillo, rigore magistrati contro mafia

I magistrati di Palermo hanno usato contro la mafia non solo rigore professionale ma anche una forte tensione morale e civile. Il riconoscimento arriva, con il richiamo alla memoria dei magistrati uccisi, dal direttore della procura nazionale antimafia Giovanni Melillo intervenuto all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Melillo ha sottolineato la straordinaria pericolosità della mafia e la sua capacità di riorganizzazione orientata soprattutto verso la mimetizzazione e la speculazione che punta all’inquinamento e al condizionamento dell’economia. Per Melillo i magistrati di Palermo hanno affrontato le sfide criminali con un’azione di contrasto improntata a indipendenza e autonomia. Si sono anche impegnati in una meticolosa ricerca della verità che si è confrontata con lacerazioni polemiche e la ricerca di nuovi equilibri tra la magistratura e la politica. E a proposito delle polemiche Melillo ha auspicato il “ripristino di norme di linguaggio orientate verso la compostezza, il rigore e il senso della misura”.

Lia Sava Pg Palermo, spacciatori di droga a 10 anni

A Palermo operano spacciatori di droga e di crack già a 10 anni. L’allarme è stato lanciato, in occasione dell’anno giudiziario, dalla Pg Lia Sava. La polizia giudiziaria ha addirittura sequestrato droga nella panca dei giochi di un bambino. “Abbiamo documentato – ha aggiunto Sava – situazioni di minori che assistono all’attività di spaccio dei loro familiari, creature immolate al malaffare”. La “catastrofe della diffusione massiva di stupefacenti” è stata descritta dalla pg in una dimensione globale. Nel bacino del Mediterraneo sono stati individuati 3600 organizzazioni criminali che riescono a organizzare i traffici in modo agile. Grazie anche al “dark web” e all’uso di monete virtuali per il pagamento degli stupefacenti. Cresce poi il coinvolgimento di minori. “Giovanissimi – ha segnalato Sava – si sono resi responsabili di reati contro la persona e le piazze di smercio sono in continua proliferazione”. Il tema è stato discusso in un convegno organizzato l’anno scorso dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo. Ne è emerso, fra l’altro, che i figli dei boss sono sempre più candidati a prendere le redini del comando di Cosa nostra.

Frasca, praticare il senso dello Stato che aveva Falcone

“La memoria di Giovanni Falcone merita rispetto, non solo in occasione delle commemorazioni, e, se davvero si vuole rendergli omaggio senza strumentalizzarne post mortem, il suo ineguagliabile valore, basta praticare come regola di condotta il suo incrollabile senso dello Stato per il quale ha rispettato sempre le istituzioni e coloro che le rappresentavano, anche nei momenti di maggiore amarezza: una lezione etica e di stile di cui oggi si avverte particolarmente la necessità”. Lo dice il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. “La separazione delle carriere è la punta di un iceberg – aggiunge – la cui parte sommersa e forse più preoccupante sta via via emergendo, anche se il suo effetto dirompente non viene colto appieno forse perché di minor impatto mediatico. La riforma della giustizia, infatti, mira a introdurre altre modifiche dell’ordinamento giudiziario che si saldano con la separazione delle carriere e vanno ben oltre, iscrivendosi pienamente in un progetto unitario che vuole ridisegnare l’equilibrio tra i poteri dello Stato”.

La riforma della Giustizia mira a introdurre altre modifiche dell’ordinamento giudiziario che si saldano con la separazione delle carriere e vanno ben oltre, iscrivendosi pienamente in un progetto unitario che vuole ridisegnare l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Si tratta di interventi che, al di là delle ripetute dichiarazioni di continuità con l’attuale assetto costituzionale contenute nella Relazione di accompagnamento, in realtà sono destinate a creare proprio quella frattura che gli ideatori della riforma negano”. Così il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

“La prima conseguenza – aggiunge – è l’indebolimento del ruolo del presidente della Repubblica che, per quanto designato alla presidenza di entrambi i due nuovi Consigli superiori, non potrebbe più esercitare l’indispensabile funzione di coordinamento e di mediazione nella magistratura complessivamente considerata”. “Per rispetto istituzionale credo al ministro della Giustizia quando afferma che non è sua intenzione sostenere la sottoposizione della magistratura requirente al potere esecutivo, anche perché – osserva – sarebbe palesemente contraddittorio con la sua prolungata esperienza di pubblico ministero. Ma la forza di un’istituzione non sta nelle promesse dei governanti del tempo; sta nella predisposizione delle garanzie e degli anticorpi che la preservano anche solo dalla tentazione presente e futura di incrinarne le fondamenta. E qui il rischio è realmente alto se è vero che numerosi autorevoli giuristi hanno manifestato la certezza che il coerente epilogo, non necessariamente immediato, di questa riforma sarà la sottoposizione del pubblico ministero al controllo del potere esecutivo, che potrà imporre di perseguire certi fatti di reato e di lasciarne impuniti altri. E’ una preoccupazione fortemente avvertita anche tra i neo magistrati tra i quali esiste il timore che questa riforma sarà l’anticamera della perdita dell’indipendenza da parte del pubblico ministero, tanto che in occasione di un sondaggio informale sono stati pochissimi coloro che hanno manifestato l’intendimento di scegliere la funzione requirente alla fine del periodo di tirocinio”.